Una delle conseguenze più gravi del determinismo (digitale), a mio modo di vedere, si può verificare sul metodo di lavoro e, più in generale, sul modo in cui le persone portano a termine un determinato compito.
Facciamo un esempio pratico.
Questo numero di Wolf è fruibile in due modi. Uno è sul sito. Uno è via mail.
L’idea di far fruire il numero via mail è venuta dopo che molti abbonati hanno espresso senza ombra di dubbio l’esigenza di poterlo leggere direttamente all’interno del loro gestore di posta. Fare la login sul sito diventava troppo scomodo per molti, ma allo stesso tempo sul sito ci voleva il pezzo, per costruire l’archivio. Abbiamo ascoltato gli abbonati di Wolf e abbiamo reso fruibili i contenuti in due modi.
Il sistema di distribuzione che utilizziamo è Mailchimp, che spedisce il singolo numero di Wolf sotto forma di newsletter.
Mailchimp ti consente di fare una cosa velocissima, se hai poco tempo.Ti consente di prendere una vecchia campagna (ogni “pacchetto” di mail che viene inviata da Mailchimp si chiama “campagna”) e replicarla.In cosa sta la comodità? Nel fatto che tutti i campi sono già compilati e tu puoi dedicarti solamente all’impaginazione del contenuto. I campi sono, per esempio, il campo “destinatario personalizzato”, il campo “mittente”, il campo “lista di distribuzione”.
Solo che, come tutte cose velocissime, ha il suo contraltare. Questa azione, di per sé innocua, è l’inizio del meccanicismo ed è anche l’inizio di un percorso che a lungo andare potrebbe addirittura farti dimenticare per quale motivo stai mandando quella newsletter.
Da un po’ di tempo a questa parte ho ricominciato a seguire la via canonica e più lunga.
Ovvero: creo una campagna nuova e vado a compilare a mano i vari campi. Questo mi costringe a pensare brevemente, qualunque cosa io stia facendo, perché introduce degli elementi che mi obbligano a rallentare e ad avere dell’attrito nell’atto di compilazione della newsletter. No, non sono impazzito. È solo che così facendo recupero il senso del perché sto compilando un campo.
È un paradosso, il fatto che mi stia costringendo a rallentare il lavoro?
No. Anzi, è molto coerente con il percorso che stiamo facendo qui.
Ci devo pensare, quando mando una campagna a qualcuno. Devo pensare a chi la sto mandando, da dove, con che oggetto. Per Wolf è relativo, perché anche se non azzecco il titolo di una mail, comunque il tasso d’apertura rimane pressoché costante: dopotutto, è un prodotto a pagamento. Ma se mando una newsletter gratuita, per esempio, al di là dell’affezione, dell’appuntamento, dell’autorevolezza costruita nel tempo, quei pochi secondi di lettura dell’oggetto potrebbero essere vitali per convincere chi la riceve ad aprirla o a dimenticarsene.
Se devo compilare a mano, mi ricorderò meglio del fatto che l’oggetto della mia mail, l’attenzione per il campo del mittente e del destinatario sono importanti quanto il contenuto stesso. Sono la promessa che poi il contenuto manterrà.
L’idea di rallentare forzatamente alcuni processi “meccanici” per evitare gli errori e aiutarci a pensare meglio mi frulla in testa da un po’, non solo da quando ho deciso di rallentare in generale. Del resto, è la stessa idea di fondo che sta alla base della nascita del font Sans Forgetica.
Si tratta di un carattere volutamente più difficile da leggere di quelli a cui siamo abituati. La difficoltà di lettura costringe il nostro cervello a un lavoro supplementare per l’interpretazione del testo. Un lavoro supplementare che, secondo il gruppo di ricerca del MIT che ha creato questo font, favorirebbe l’apprendimento e renderebbe più probabile la memorizzazione di quanto si legge.
Sono strategie per rallentare quando subentrano automatismi pericolosi. Quando smettiamo di essere umani.
Ho avuto un esempio concreto di cosa voglia dire automatizzare lavorando con un cliente che, senza accorgersene, aveva affidato a una sola persona il compito di mandare quasi 250 newsletter all’anno, più una serie di DEM. Praticamente, quasi una al giorno. Forse anche qualcosa in più. La persona in questione, avendo anche altri incarichi, alla fine aveva elaborato strategie per velocizzare il suo lavoro. Queste strategie prevedevano automatismi laddove possibile. Per esempio, guarda un po’, proprio nella compilazione dell’oggetto della mail e in tutte quelle parti che, a lungo termine, ti sembra di dover compilare perché… perché sì. Così, in un anno sono uscite newsletter che, a gruppi, erano di fatto tutte uguali o molto simili. E performavano sempre peggio.
Allora ho pensato di adottare checklist come questa. L’ho scritta per chi manda newsletter, ma puoi sostituire all’oggetto newsletter qualsiasi azione di comunicazione.
- Questa checklist serve espressamente a farti rallentare. Seguila senza paura, vedrai che alla fine scoprirai che ti fa risparmiare tempo.
- Ti ricordi perché stai mandando questa newsletter? Qual è l’obiettivo? Hai un numero che lo definisca?
- Hai il tempo di fare un A/B test? Se sì, fallo come si fanno gli A/B test (cioè, cambia una cosa alla volta. Se non sai di cosa parlo, prenditi del tempo per leggere questa guida pratica agli A/B test). Se non hai tempo per fare un A/B test, prevedi che inizierai a farne in un periodo ben preciso in futuro. Poi, mentre lavori a questa newsletter specifica, rallenta ancora un po’.
- Chi firma questa newsletter? Da chi viene mandata?
- A chi viene mandata questa newsletter? Puoi personalizzare i campi che contengono nome e cognome dei destinatari? C’è un segmento di pubblico che proprio non la dovrebbe mai ricevere.
- Quando compili il campo dell’oggetto e del sommario, ricordati che è la prima cosa che legge chi riceve la newsletter. Forse è l’unica che legge. Dai alla tua newsletter una possibilità in più di essere aperta scrivendo un bell’oggetto e un bel sommario. Fai una bella promessa.
- Il contenuto della newsletter risponde bene alla promessa? Parla di te o parla di chi la riceve? Se continua a parlare di te o della tua azienda, cambia tutto.
- Metti una bella immagine, di cui hai i diritti, coerente con le cose di cui parla la newsletter (se non ce l’hai, piuttosto non mettere niente!)
- La newsletter che stai per spedire abuserà del tempo di chi la riceverà? Oppure farà risparmiare tempo ai suoi destinatari? (Puoi far risparmiare tempo in molti modi. Con la chiarezza di oggetto+sommario. Con un contenuto di valore che mi dà un riassunto di cose che voglio sapere…)
- La newsletter contiene un elemento che sia coerente con il primo punto di questa checklist?
- Mandati un test della newsletter e rileggila, ripensando a questi punti.
- Dopo almeno 24 ore fai una misurazione: guarda il tasso d’apertura, guarda il tasso di click e chiediti se potevi migliorare, se c’è qualcosa che puoi cambiare la prossima volta, se hai fatto un A/B test formula una teoria su cosa ha funzionato e cosa no e cerca di batterti la prossima volta.
Credo fermamente che una checklist simile (da raffinare, senz’altro) sia molto più utile di tante istruzioni fintamente predittive.
(AP)