Il bello dei tool nell’ecosistema digitale è che si possono fare, con costi molto contenuti, quel che prima richiedeva investimenti enormi.
Chiaramente i risultati sono commisurati, a questo punto, non tanto allo strumento quanto, piuttosto, all’abilità e alle competenze con cui lo si usa.
Per esempio, è diventato relativamente semplice (il che non significa anche contenutisticamente facile), fare filmati in stop motion.
L’idea di lavorare con filmati in stop motion mi è venuta durante il lockdown in risposta all’emergenza COVID-19: è un modo per adattare le competenze che ho in termini di filmati al contesto in cui mi trovo (ed è anche un esercizio che ti consiglio in generale: se hai dei paletti precisi, anche molto stringenti, è facendo lo slalom fra quei paletti che la creatività può trovare vie che prima non immaginava).
Così, come da metodo OODA, mi sono orientato, ho osservato, ho deciso e poi ho agito.
La stop motion, per la cronaca, è una tecnica di ripresa cinematografica che consente di animare oggetti inanimati. Si tiene ferma (in gergo si dice inchiodata, perché anche il minimo movimento inficia tutto) la macchina da presa e si muove il soggetto che si vuole animare. Si può procedere, per esempio, per foto successive. E in effetti è proprio così che ho iniziato a giocare con l’idea: smartphone su cavallettino, oggetti inanimati davanti, da spostare scatto successivo…