La SEO non è un mondo per nerd, per ossessionati dalle keyword e per formule precostituite. Questo dovrebbe essere, ormai, molto chiaro a chi segue Wolf. Qui mi sono sforzato di scappare dai tecnicismi per illustrare una visione d’insieme che proponga la SEO come disciplina dell’ottimizzazione in senso culturale. Di trucchi ce ne sono anche troppi, in giro. Così come di venditori di fumo e pseudo-maghi.
Io ho due cantieri SEO a cielo aperto. Uno è sul mio sito personale, ed è la mia pagina sul border collie Lucky, che ormai è diventato la mascotte di tutti coloro che seguono le mie peripezie sui motori di ricerca (sempre sul mio sito personale, ci sono esperimenti che riguardano l’algoritmo di Facebook, il piano editoriale e altre amenità che non sto ad elencare.
L’altro, che abbiamo già visto, è il progetto sul Giubileo.
Sono cantieri a cielo aperto, sono liberi di essere analizzati e, se vuoi, anche saccheggiati, visto che non esistono trucchi ma solo pratiche editoriali e di contenuto, una volta che tutte le componenti tecniche sono a posto.
Proprio per questo motivo, non ho alcuna remora a raccontare le strategie più evolute che utilizzo: è un mercato in cui c’è posto per tutti e anzi, più si diffonde la cultura dell’ottimizzazione più c’è posto per chi prova a portare avanti questo tipo di tecniche come faccio io, in maniera pulita e onesta anche nei confronti del motore di ricerca stesso – che molto spesso si fa bellamente i fatti suoi.
La saga della coda lunga è iniziata sul numero 112 di Wolf, nel tentativo di rispondere alla domanda: «Sì, ma come trovo le kewyword». Ricordiamoci che il motore di ricerca per eccellenza, Google, ci consente, data la mole di dati e ricerche che gestisce, di fare una ricerca di mercato che ha un buon valore statistico se non altro per capire che tipo di argomenti cerchino mediamente le persone, relativamente a qualsiasi area dello scibile.
Una volta estratte decine, centinaia, magari anche migliaia di keyword di coda lunga, giunge il momento di clusterizzarle, o se preferisci raggruppare, raccogliere in gruppo. [Diciamo che clustering è uno dei pochi anglicismi che tollero per la sua origine]. Insomma, ho bisogno di organizzarle per tipologia, per parole ripetute.
Il gruppo di lavoro Search Brain ha messo a disposizione gratuitamente sul web uno strumento che si chiama Phrase Clusterer, che fa proprio questo.
Nel campo «Phrases» si inseriscono tutte le parole chiave che abbiamo estratto attraverso i nostri schemi di ricerca, sfruttando l’autocompletamento di Google e il software Keyword Researcher.
Nel campo «Words to ignore», invece, inserisco le parole che per forza di cose si ripeteranno e che non mi danno informazioni. Se ho cercato jobs act, dirò a Phrase Clusterer di ignorare jobs e act. Ora però vediamo un esempio di una ricerca che ho fatto di recente per costruire una prima mappa mentale per un progetto sul fai da te.
Ho cercato le principali possibili keyword di coda lunga per fai da te.
Poi le ho passate su Phrase clusterer, ignorando, ovviamente, «fai da te», «fai», «da», «te».
Ecco come si presenta il risultato. L’ordine che mi propone Phrase clusterer è abbastanza attendibile nel chiarire quali siano le keyword più cercate e, a scendere, quelle meno cercate.
A questo punto la prima cosa da fare è mettersi a catalogare per tipologia di cluster gli insiemi che ho ottenuto e poi organizzarli in una mappa mentale utilizzando un foglio di carta e un pennarello (!) oppure un software, come per esempio X-Mind.
Il primo passo consiste nel categorizzare tutto. Per esempio: Natale finirà sotto la categoria «Festività», insieme a Pasqua, Carnevale e compagnia cantante. E così via. Alla fine del processo – durante il quale non faccio quasi alcun tipo di scelta «editoriale», per avere un quadro quanto più ampio possibile. Mi sono permesso, in questo caso, di rimuovere l’inquietante parola chiave «suicidio fai da te» (tautologica, oltre che inquietante) e altre cose che riguardano aree palesemente non di interesse per il pubblico del sito, come per esempio «sky fai da te» o «vodafone fai da te»– ho una mappa come questa (clicca per ingrandire).
Questo è solo il primo passaggio.
Ma già da questo passaggio si può vedere come io possa avere, grazie a una ricerca SEO, tutta una serie di informazioni che riguardano, per esempio:
- struttura. Alcune keyword mi suggeriscono le categorie, le sezioni da creare sul sito (festività, ricorrenze, casa, animali, bambini, materiali), ovviamente non esaustive ma molto dettagliate;
- piano editoriale. Comincio a individuare una serie di pezzi che sicuramente metterò in cantiere, di argomenti che tratterò;
- potenziali clienti. Visto che molti cercano Leroy Merlin, Brico, Obi, Ikea, Guercio, questi potrebbero essere potenziali clienti da contattare;
- aree da esplorare meglio. Come il Riciclo creativo, per esempio;
- aree che non fanno parte del cuore del progetto editoriale, ma che potremmo pensare di sviluppare, visto il tipo di pubblico che abbiamo (qui, ovviamente, mi devo far aiutare anche da valutazioni di tipo analitico e dalle profilazioni, seppur minime, che mi consente di avere Facebook, se lo utilizzo di concerto con il progetto editoriale). Per esempio, tutto il mondo del beauty.
- un social che dovremmo utilizzare appena ne avremo le energie. Pinterest.
- argomenti che probabilmente escluderò. Ad esempio, Videosorveglianza fai da te.
Il lavoro è solo all’inizio. Poi farò una seconda passata di keyword, una terza, una quarta, una quinta.
Mi metterò a lavorare sulla cosiddetta query intention.
Infatti, senza la comprensione delle reali intenzioni delle persone che fanno ricerche su Google, qualsiasi mappa, progetto, schema, sarà destinato ad un miserabile fallimento.
Poi deciderò insieme a Barbara Gulienetti e al mio socio quali video tutorial produrre, su quali aree concentrarci, raffinando queste strutture con le misurazioni delle reali interazioni delle persone con i nostri contenuti, attribuendo finalmente dei pesi agli argomenti che per ora giacciono sulla mappa mentale in maniera priva di gerarchie.
Ripeto poi il lavoro non solo per le singole keyword che ho trovato ma anche per altre aree semantiche che mi interessano. Alla fine, dopo quattro o cinque giorni, ho un quadro complessivo di tutto quel che potrei voler affrontare su quella determinata area tematica e posso cominciare a scegliere cosa fare e – importantissimo! Anche questa è SEO! – cosa non fare affatto, ricordando che molto spesso less is more.
Cioè: non è detto che servano centinaia, migliaia di post. I piani editoriali che devono discendere, per forza di cose, da queste mappe mentali, devono prevedere tutto, anche le risorse che abbiamo a disposizione.
Si lavora per sottrazione prima e per aggiunta di valore aggiunto poi.
La soddisfazione di questo tipo di organizzazione del lavoro è molto elevata:
- tanto per cominciare, si scoprono cose. Di recente ho applicato questo metodo al salone di un estetista in provincia di Milano, geolocalizzando la ricerca. Abbiamo scoperto insieme che una delle parole più cercate associata a epilazione, ceretta, depilazione, era uomo. E il titolare del salone, visti i volumi, sta seriamente pensando di potenziare quel tipo di servizio, che fino a questo momento offriva soltanto in maniera occasionale e superficiale. Nella sua zona non avrebbe concorrenti;
- si fa ordine;
- si capisce cosa possiamo e cosa non possiamo fare, di cosa non vorremo mai parlare e su cosa invece vorremo puntare per distinguerci e trattare quegli argomenti come non fa nessun altro;
- si ha una visione d’insieme.
La creazione di questo tipo di rappresentazioni di quel che potremo fare è di fatto un lavoro da facilitatore. Ed è quel che, probabilmente, mi trovo a fare davvero quando faccio una consulenza SEO.
Ci sono, ovviamente, le avvertenze, quelle da bugiardino:
- non illudersi che il metodo sia garanzia di successo
- non pensare di poterlo applicare senza averci lavorato a lungo prima e senza alcun tipo di esperienza. A volte ci vogliono giorni di riflessione solo per individuare le keyword di partenza corrette
- non diventarne schiavi. Lo strumento che abbiamo a disposizione, il più potente di tutti, resta il cervello, ed è quello che ci suggerirà come procedere.
(15 novembre 2016)