Le vignette del The Economist? Si fanno a Lambrate. Ma chi le fa? E come?

Il 29 agosto 2014 l’allora Presidente del Consiglio Matteo Renzi organizzò un teatrino piuttosto macchiettistico nel cortile d’onore di Palazzo Chigi. Il protagonista fu proprio lui, Matteo Renzi, sostenuto nella sua messa in scena da una colorata e gustosissima spalla: un gelataio entrava con il suo carretto a pedali nel cortile, dove si fermava per mettersi a riempire coni di gelato artigianale italiano. Perfetto per l’occasione, vista la calura romana.

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Renzi, nel suo mini-show accompagnato dagli immancabili Tiberio Barchielli alla macchina fotografica e Filippo Sensi ai social media, invitava i cronisti e i fotografi ad approfittarne: «Prego i giornalisti, se vogliono venire ad assaggiare un po’ di gelato “vero”: accomodatevi pure, prego prego, facciamo sentire il gelato visto che… ». Che? «Vorrei dire ai nostri amici del The Economist che il vero gelato italiano è artigianale e non quello confezionato». Era la risposta di Renzi alla copertina del The Economist di quella stessa settimana, dove era ritratto a bordo di una barchetta di carta realizzata con una banconota da 20€ in compagnia di Francois Hollande, Angela Merkel e con Mario Draghi nel ruolo di mozzo intento a svuotare le sentine.

Non era una gran copertina, quella. E al The Economist devono aver pensato che la migliore risposta al politico fiorentino era alzare il livello mettendoci un po’ di italianità vera. Di quel “genio improvvisatore” che messo alle strette sa tirar fuori il coniglio dal cilindro.

Lo sapevi che una buona parte delle vignette del settimanale The Economist, oggi non nel 2014, vengono realizzate in un piccolo studio di Lambrate, Milano?

«Sono due gli aspetti principali di quello che faccio: uno di concept, quindi ragionare su ciò che sono i contenuti da comunicare e come far passare il messaggio contenuto in un articolo, e uno più visivo, sicuramente più artistico, estetico».

Luca D’Urbino è nato nel 1988 ed è un designer, un vignettista, un disegnatore o forse qualcosa di diverso. Fa “i disegnetti” (anche) per The Economist, uno dei magazine economici più famosi del mondo e che fa dei contenuti grafici il proprio marchio di fabbrica: le copertine del The Economist sono quelle che più e meglio restano nella testa dei lettori (e nella storia del giornalismo).

«In Italia mi chiedono sempre: come li fai? [i disegni, nda] Mentre all’estero, quando mi chiedono del mio lavoro, sono interessati soprattutto al processo per arrivare a come sintetizzare visivamente l’intero contenuto di un articolo. Che poi è la cosa più difficile da spiegare, oltre che da apprendere.

Le hard-skill sono cose che sembrano difficili ma che in realtà basta esercitarsi e anche una scimmia ce la fa: internet è pieno di video di scimmie, cammelli, elefanti che dipingono perché, alla fine, puoi insegnarglielo. Quello che non puoi insegnare è il rappresentare visivamente la Brexit: queste sono le soft-skill».

Ma allora, che lavoro fai Luca?

«Io non mi presento mai come “grafico”, InDesign non so nemmeno aprirlo e tra l’altro impaginare non mi piace, non sono capace e non è proprio roba mia. Chiaramente però le mie cose vivono in un mondo grafico e quindi qualcosa devi saperla. Così come non mi presento mai come “artista” perché guarda cosa facevano gli artisti rinascimentali a 30 anni e allora alzo le mani. Mi presento come “illustratore” ma anche questo da adito a incomprensioni, soprattutto quando devo spiegare il mio lavoro a chi magari ha mansioni più “quadrate” e “regolari” della mia. Bisogna trovare una via di mezzo per spiegare cosa fai senza sminuirti: di…