In un’analisi degli strumenti che abbiamo a disposizione per contattare dei potenziali clienti, la mail è qualcosa che ormai tendiamo a dare per scontato. Di solito, dare per scontato qualcosa significa non utilizzarlo al massimo delle sue possibilità.
La letteratura sul tema è tutta focalizzata, nella contemporaneità, su come generare “trigger” di mail automatiche. Porti i tuoi lettori sul sito, ti lasciano nome-cognome-mail, gli arriva una mail di benvenuto, si scaricano il pdf, dopo una settimana parte un’altra mail automatica e da lì sono all’amo (o almeno, questo è quello che speri, visto che molto spesso l’ultimo passo, quello per fissare un appuntamento, chiudere un accordo, avere un nuovo abbonato, un nuovo cliente, richiede un ulteriore elemento relazionale. Di solito più caldo, più personale, come una telefonata, un incontro dal vivo). Comunque: bene, benissimo. Applicare nel migliore dei modi questo tipo di tecniche è una cosa da fare, stante le opportunità che oggi ci offre l’ecosistema digitale.
Le mail a freddo, invece, hanno perso decisamente appeal e quando fai un giro per trovare buoni pezzi sul tema, di solito ti imbatti in contenuti che hanno a che fare con suggerimenti tecnici per non farle finire nello spam.
Certo: se mandi mail a freddo in maniera automatica, senza pensarci su – a parte correre rischi ai sensi del GDPR, ricordi? – va a finire che non otterrai alcun risultato e allora ti dovrai occupare almeno di massimizzare il tasso di apertura della mail.
Ma il punto è proprio lì. La mail a freddo va mandata in maniera mirata, non cercando disperatamente di pescare a strascico.
Devi:
- conoscere il destinatario (non personalmente, se no non sarebbe una mail a freddo!). Significa che devi avere delle informazioni sulla persona a cui stai scrivendo e orientare tutti gli elementi della mail in tal senso, a cominciare dall’oggetto
- personalizzare il messaggio
- conoscere bene l’obiettivo che vuoi ottenere
- arrivare al punto con chiarezza e fare in modo che anche alla persona che legge l’obiettivo sia ben chiaro
- rendere leggibile la mail, anche impaginandola come impagineresti bene un documento
- spiega bene chi sei e cosa fai
- metti un’azione semplice e chiara che richiedi a chi riceve
- aspettare un tempo congruo prima di insistere (se proprio devi) e per fare un’azione aggiuntiva (il famigerato follow up). Ricordati che le mail a freddo sono, appunto, a freddo. Quindi potrebbero essere anche lanciate nel vuoto. E poi richiedere un secondo tentativo tempo dopo, magari cambiando qualcosa
E poi bisogna saperci fare, soprattutto col tono di voce, con il testo, con l’empatia.
A volte ti arrivano mail a freddo davvero strane.
Una settimana fa mi è arrivata una mail a freddo da una persona che lavora a Canva. La cosa mi ha sorpreso molto, perché la mail era personalizzata. Iniziava così (un po’ legnosa, diciamo)
Gentile Alberto,
volevo ringraziarla personalmente per aver menzionato Canva nel suo bellissimo articolo sul content marketing
Però, ci siamo: ho scritto un pezzo sul content marketing, quello è il mio sito e, naturalmente… è bellissimo! 😉
Il messaggio arriva: capisco che è una procedura standard che si sono dati, ma è scritta proprio a me.
L’obiettivo è chiarissimo. La mail proseguiva, sostanzialmente, chiedendomi di modificare il link che avevo erogato spontaneamente alla sezione di content marketing di Canva perché nel frattempo hanno aperto una sezione del sito in italiano: comprensibile e corretto. È un modo intelligente di fare link building e di manutenerlo, pure. Invece di mendicare link, cominci da quelli che ti hanno già linkato naturalmente e spontaneamente e chiedi loro se, per favore, possono erogare il sito verso un’altra pagina che ti interessa di più.
Ho letto la mail velocemente, non ho avuto tempo di rispondere, mi sono appuntato di farlo appena avessi avuto il tempo di guardare la pagina che avrei dovuto linkare (insomma, una sbirciatina non fa mai male) e di entrare nel backend del mio sito.
In effetti, la mail si chiudeva così:
«In ogni caso, grazie mille per aver parlato di noi!»
Dopotutto, mi stavano chiedendo un favore, mica mi offrivano qualcosa in cambio. In ogni caso, la mail a freddo aveva fatto il suo dovere.
Il problema è stato il follow up. Esattamente una settimana dopo ricevo una mail dalla medesima persona, che non continua il vecchio thread ma ne apre un altro. L’oggetto ha il tono di voce del recupero crediti.
Inutile dire che, se la prima mail a freddo mi aveva ben disposto, questa mi ha proprio dato fastidio. Mi sono preso tre minuti non per fare l’operazione richiesta – dopotutto, mi stavano chiedendo un favore – ma per dire loro che la mail era pessima e che mi sarei riservato di valutare se erogare il nuovo link oppure toglierlo del tutto.
Con mia enorme sorpresa, la mia interlocutrice mi ha scritto che non aveva minimamente pensato che il suo “oggetto” di mail e quel “Salve Alberto, non ho ricevuto risposta all’email che ho inviato una settimana fa.” potesse essere scortese.
Ne ho approfittato per offrire loro una consulenza 😉
A parte gli scherzi, questo piccolo aneddoto ti mostra come si possa tranquillamente agganciare qualcuno con una mail a freddo e poi perderlo completamente per strada. È vero: lei non poteva sapere che avrei erogato il link. Ma avrebbe semplicemente dovuto aspettare qualche giorno in più. Oppure insistere in maniera un po’ più gentile.
Se una mail a freddo per ottenere un link ti sembra poco, allora forse potrebbe interessarti questa storia, in cui un’imprenditrice racconta come ha fallito con una mail a freddo e come poi, modificandola radicalmente, è riuscita a ottenere un incontro con un investitore che poi ha finanziato la sua start up.
Questa è la prima mail, quella sbagliata.
Come vedi non è proprio a freddo: Jason ha concesso ad Allie pochi minuti il giorno prima. Diciamo che non è a freddo per Allie, mentre per Jason sì: verosimilmente, essendo un investitore, contatterà e incontrerà moltissime persone di cui non ricorderà poi molto. Figuriamoci quelle cui ha dedicato per pochi minuti.
La mail è breve, personalizzata, va al punto, ma non spiega bene cosa faccia questa Mapistry. Inoltre è sminuente per la società e pone la mittente in una posizione di subordinazione nei confronti dell’interlocutore. Per di più, non sembra una mail in cui scrivi a qualcuno per avere un finanziamento per la tua società.
Due anni dopo (a proposito di tempistiche per insistere!) Allie riscrive a Jason. Si ripresenta da capo (meno male) ed ecco la mail
Ben impaginata, ben scritta, dritta al punto, con un po’ di numeri, un link per approfondire, una personalizzazione accurata e non sciatta e infine una richiesta specifica: mezz’ora. Fra due settimane. Non “nei prossimi mesi”.
Risultato? Jason finanzia Allie (certo: c’è il prodotto, di mezzo, e l’idea in cui crede). E poi mette la storia di Allie in un suo personale caso di studio. Insieme a un’altra mail a freddo che probabilmente, a questo punto, vorrai leggere.
Un ultimo esempio. Mi è capitato di dover fare una piccola campagna mirata per un cliente. Il momento storico in cui questa campagna viene lanciata è un momento di grande attenzione per i temi climatici. Abbiamo preso un pezzetto del suo database (dove però ci sono anche tantissime aziende incontrate nel tempo, per caso), abbiamo selezionato tutte quelle di Milano, siamo andati a vedere che tipo di aziende fossero (alcune di esse avevano già aderito alla Milano Plastic Free) e abbiamo mandato a queste aziende una mail con l’oggetto Milano Plastic Free: ci siamo anche noi?
Il tasso di apertura di questa mail, sostanzialmente a freddo, è risultato, alla fine della campagna, del 60%, 3 volte superiore alla media del 20% cui siamo abituati.
Insomma: la mail a freddo – o quasi – non va buttata. Se però qualcuno la butta, potresti non averla preparata bene.
(AP)