Massimo Troisi cerca di salire sull’arca di Noé fingendosi un minollo. Solo che i minolli sono già arrivati, gli dice Enzo Decaro, chiamato a sostener la parte da Lello Arena.
Ecco, secondo me ci sono tutta una serie di presunte specializzazioni o tecniche che continuano a restare a galla perché cercano di salvarsi come minolli.
Una di queste tecniche è il SEO copywriting.
Il SEO copywriting sarebbe, secondo quelli che si sono posizionati su Google per questa chiave di ricerca,
«il passo successivo alla scrittura creativa. Dopo aver utilizzato fantasia, creatività e originalità serve un passaggio più tecnico che aiuti il posizionamento del contenuto»
oppure sarebbe
«l’arte di combinare l’ottimizzazione per i motori di ricerca (SEO) con la buona scrittura»
Quando apriamo una di queste pagine scopriamo che fra i tanti consigli per il SEO copywriting troviamo:
«scrivete bene!»
Il punto è proprio questo. Le tecniche di ottimizzazione on page che, alla fin dei conti, vengono proposte da chi sostiene che esista questo tipo di disciplina, sono:
- uso dei titoli (H1)
- uso dei titoli di paragrafo
- scrittura della meta description (che sarebbe il sommario). Non è un segnale di posizionamento, serve se mai per massimizzare i click
- mettere link esterni (in nofollow se a pagamento) e interni
- usare URL parlanti
- nominare e descrivere correttamente le immagini
cioè, tutta una serie di tecnicismi chiaramente spiegati nella Guida SEO di Google che hanno ben poco a che fare con il copywriting. E che hanno invece molto a che fare con lo scrivere per le persone. I titoli, i titoli di paragrafo, i sommari, si scrivono per gli esseri umani, per migliorare l’architettura dell’informazione, per rendere più leggibile un pezzo.
I link esterni o interni si mettono perché migliorano l’esperienza di lettura con potenziali approfondimenti o puntano a pagine archivio da cui risalire ad altri contenuti. Le URL parlanti si mettono perché così le persone sanno su cosa cliccano. Le parole principali si mettono all’inizio del titolo perché chiariscono alle persone di cosa si parla (il che non esclude in alcun modo una scrittura più editoriale). E via dicendo.
Si trovano poi suggerimenti come questo:
«originalità e freschezza. I motori di ricerca amano avere contenuti sempre aggiornati e originali: niente copia e incolla, dunque, ma tanta fantasia e creatività».
Qui, l’errore fondamentale è il soggetto della seconda frase. Le persone amano i contenuti aggiornati e originali. Non i motori di ricerca.
I motori di ricerca non amano niente. I motori di ricerca sono usati da persone e quindi fanno funzionare meglio le cose che funzionano meglio per le persone (se sono sufficientemente evoluti).
Ecco perché il SEO copywriting è un minollo.
I rostocchi
Quando si rende conto che il suo piano è fallito, Troisi ci prova con i rostocchi. Ma anche i rostocchi sono già arrivati, gli dice Decaro.
I rostocchi sono la SEO off-page. Se andiamo a cercare la definizione di SEO off-page, sfruttando sempre i posizionamenti migliori su Google per la keyword scopriremo che per SEO off-page si intendono
«tutte quelle attività svolte su siti esterni, al di fuori dalle proprie pagine. Più precisamente, con le attività off-page si va a creare una sorta di rete attorno al proprio sito, collegandolo a canali esterni come social network, blog, forum e portali. Lo scopo è che questi si relazionino con il nostro sito accrescendone la buona reputazione per i motori di ricerca e aumentandone autorevolezza e popolarità».
Tutto bene, tutto giusto. Il fatto è che autorevolezza, popolarità, reputazione, non sono off-the-page. Sono cose che si conquistano con il tempo e con i contenuti autorevoli, popolari e che favoriscono una buona reputazione.
TvBlog acquisì un sacco di backlink nel 2005. Perché dava anteprime e scoop. Quei backlink ne hanno migliorato e consolidato il posizionamento su Google. Ma erano frutto del lavoro editoriale di concerto con gli altri reparti dell’azienda.
Il successo su una pagina Facebook dipende intanto dagli obiettivi che hai definito. E poi dal contenuto.
Ma allora dove nasce l’equivoco?
È difficile spiegarlo, probabilmente è una questione a tratti storica ed evoluzionistica della tecnologia. Il fatto è che tutte le tecniche-trucco un tempo funzionavano. Funzionava farcire i pezzi di parole chiave. Funzionava nascondere il testo in bianco su bianco, creare siti da milioni di pagine per mandare milioni di link a un unico sito.
Il fatto è che tutto questo veniva applicato per portare le persone su pagine senza contenuto se non pubblicitario. O per tecniche di vendita estremamente aggressive.
Funzionava. A tratti funziona ancora. Su Google, con Google News, il cui algoritmo contiene svariati buchi che di volta in volta qualcuno scopre come sfruttare: è normale, si deve occupare di indicizzare e posizionare pezzi scritti adesso! Su Facebook funziona con le campagne aggressive di clickbaiting. Ma funziona in che senso? Sul lungo periodo? Eh no. Sul lungo periodo no.
Guarda cos’è successo, per esempio, al Sussidiario, che sui temi di massa (ad esempio dirette del calcio) applicava in maniera molto aggressiva il keyword stuffing (il grafico è la stima del posizionamento ad opera di SeoZoom. È un tracollo organico).
L’equivoco nasce perché si è data sempre la priorità alla parte tecnica anziché farla lavorare di concerto con quella umanistica.
Perché si è ritenuto che la SEO in quanto tecnica promozionale fosse appannaggio di un mondo di marketing aggressivo.
Quaranta femmine
Quando si rende conto che né minolli né rostocchi lo salveranno dal diluvio universale, Troisi le prova tutte. Prima parla male del coccodrillo. Poi si difende dai peccati che Lello Arena lo accusa di aver commesso. Infine (spoiler!) riesce a salire sull’arca. Come? Millantando di aver avuto una volta quaranta femmine. Arena e Decaro a quel punto lo fanno salire sull’arca: hanno 80 giorni di tempo, vogliono sapere tutti i dettagli.
Alla fine, quindi, possiamo dire che Troisi ha trovato il punto d’ingresso del proprio funnel di conversione facendo leva sul bisogno latente di Arena-Decaro. Ha millantato, è vero, e quindi in un certo senso ha usato un trucco. I «trucchi» (che poi non sono conoscenze magiche. Al limite sono tecniche applicate all’esasperazione) funzionavano e funzionano sempre e ci sono casi in cui per ottenere l’obiettivo tocca piegarsi un po’ alle necessità del momento.
L’importante è tenere la barra dritta e focalizzarsi sul lungo periodo.