Come sopravvivere all’apocalisse zombie della reach. Parte seconda

Se una delle modalità per sopravvivere alla presunta reach apocalypse è quella della creazione, cura, sviluppo di un gruppo su Facebook, di certo non è la sola.

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Vediamo, per esempio, che cosa si può fare in termini di piano editoriale e di testi all’interno di una pagina, cercando di capire, prima di tutto, che cosa ci spiega Facebook quando cerca, in tutti i modi, di illustrarci il suo funzionamento con le «linee guida per chi pubblica».

Ci risiamo, insomma. Per capire cosa fare, bisogna studiare il funzionamento delle piattaforme, leggere il manuale, conoscerene la convenienza specifica.
Facebook afferma (e non abbiamo motivo di dubitarne) che utilizza 4 passaggi fondamentali per costruire il news feed di ciascuno dei suoi iscritti.

  1. Inventario: cos’è stato pubblicato dai tuoi «amici» e dalle pagine che segui?
    È ovvio che il tuo news feed sia costituito prevalentemente – a parte gli annunci pubblicitari – da contenuti condivisi da persone o aziende con cui hai stabilito una connessione sulla piattaforma.
  2. Segnali: chi ha pubblicato? Quando? Quant’è veloce la tua connessione a internet? A che ora ti stai connettendo? Che cosa ti piace vedere su Facebook? Pezzi lunghi, foto, video? Con cosa interagisci di solito? Con chi interagisci di solito? Facebook conosce tutte queste informazioni su di te. E modula il news feed in funzione di questi segnali, che lasci spontaneamente.
  3. Previsioni: «quante possibilità hai di commentare un contenuto?», «guarderai questo video fino alla fine?», «ricondividersti questo contenuto?» «quanto tempo passeresti a leggerlo?», «ti piacerà?», «ti interesserà?». Dai segnali del punto 2, l’algoritmo cerca di costruire un meccanismo predittivo per proporti contenuti che potenzialmente ti interesseranno o ti dovrebbero interessare. Il tutto sulla base delle tue azioni sulla piattaforma. Se, per esempio, sei come me e ti piacciono i pistolotti lunghissimi di testo, li leggi, interagisci con quel tipo di contenuti, scoprirai che Facebook tenderà a proporteli
  4. Punteggio: l’inventario, i segnali, le previsioni fanno sì che l’algoritmo assegni a ogni condivisione su Facebook un punteggio di pertinenza che quel contenuto dovrebbe avere per te.

Adesso dimenticati di questi quattro punti dal punto di vista di chi utilizza Facebook in maniera non professionale, come fruitore semplice. E prova a ripensarli per te che lo vuoi usare per aumentare la reach dei tuoi contenuti.

Cosa dovrai fare?

È semplice a dirsi (molto più difficile a farsi): dovrai fare in modo di incrementare il numero delle tue connessioni (inventario) realmente interessate (previsioni) e pubblicare contenuti e tipi di contenuti (segnali) coerenti con le abitudini di navigazione e di interazione del tuo pubblico per fare in modo che le persone abbiamo il desiderio di interagire con te, che lo facciano (sempre segnali) e per fare in modo che la tua prossima condivisione torni ad apparire prioritariamente in molti news feed (punteggio).

Quindi, ancora una volta, vince il contenuto e il modo in cui lo presenti. I due elementi non sono separati e richiedono perlomeno la competenza editoriale e una consapevolezza sulla competenza di marketing.

Fai domande al tuo pubblico. Coinvolgilo. Fallo partecipare. Chiedi al tuo pubblico di mostrarti la via. Fallo sentire parte di qualcosa.

Quando sulla pagina Facebook di Come fare con Barbara abbiamo messo un post con il link alla storia della ghirlanda di Natale e chiesto ai fan di Barbara Gulienetti di mandarci le loro ghirlande – autorizzandoci a pubblicarle sul sito di Barbara – ne abbiamo ricevute decine. Quello è l’engagement.

345 reazioni, una copertura che è più di un terzo dei fan totali, 22 ricondivisioni (il vero atto di disintermediazione), tantissime ghirlande pubblicate nei commenti che poi vanno ad arricchire il sito, fanno sentire le persone parte di qualcosa, costruiscono relazioni. L’esempio è piccolo. Puoi immaginarne declinazioni per qualsiasi argomento, per qualsiasi brand o realtà editoriale.

Sul sito, devi ricordarti di favorire la ricondivisione (basta il pulsantino dello «share»). Ma non sarà riempire di call to action i tuoi contenuti che convincerà le persone a commentare, a chiedere, a partecipare, a ricondividere. Saranno i contenuti stessi, se conteranno per le persone, a convincerle.

E quando saranno convinte, diventeranno lo zoccolo duro del tuo pubblico social, quello che tornerà, che alimenterà la reach organica dei tuoi post.

L’apocalisse è lontana, se crei valore per un pubblico realmente interessato.