Come si (ri)organizza una struttura che deve lavorare alla produzione di contenuti per un progetto informativo o comunicativo?

Questa è una proposta di organizzazione pratica che deriva da una serie di esperienze sul tema, personali e per vari clienti.

___STEADY_PAYWALL___

Tanto per cominciare, bisogna recuperare il concetto di tavolo delle competenze che abbiamo già avuto modo di introdurre parlando dell’esempio di Booking Experiences. È da qui che dobbiamo partire.

Questo schema vale per un progetto in seno a un’azienda complessa, per una piccola start up, per partire da zero, per una redazione che fa informazione, per un’azienda che vuole comunicare, per una riorganizzazione. Questo progetto, inoltre, è fatto per essere arricchito dalle tue esperienze, quindi se vuoi partecipare (anche con critiche sul modello), il tuo contributo sarà graditissimo.

A monte ci vuole, naturalmente, una chiara definizione di obiettivi, misurazione dei risultati e metodo, che devono essere condivisi. Un budget che va amministrato e distribuito correttamente.

Non è un caso che il tavolo sia circolare: le cinque competenze devono lavorare insieme ed è vitale che lo facciano fin dalla fase di progettazione per evitare errori che potrebbero essere fatali.

Editoriale – Marketing – Vendita – Sviluppo – Design

Se una delle cinque competenze domina sulle altre ci saranno delle storture inevitabili, delle deformazioni dall’ideale. Se ci chiediamo, per esempio, come riorganizzare il lavoro di una redazione, perdiamo di vista il fatto che una redazione contemporanea ha bisogno delle altre competenze e torniamo a commettere un errore strategico.

A capo del tavolo delle competenze ci vorrebbe un project manager in grado di dare ordine alle varie istanze, definire le priorità e evitare conflitti, misurare (o delegare a terzi la misura). Nella costruzione ideale, il project manager dovrebbe essere una sorta di mediatore culturale fra le cinque competenze.

Dovrebbe, cioè, avere un’infarinatura di tutte e cinque – non nel senso pratico. Esattamente come un social media manager non deve necessariamente saper fare una gif animata, per dire – per sapere cosa ottenere.

Che cosa devono saper fare le cinque competenze?

Il faro che dovrebbe guidare le cinque competenze è sempre la relazionalità fra il brand (di qualunque genere) e il suo pubblico.

Nella definizione di queste competenze vanno date per assodate le componenti consolidate delle singole professionalità (non posso mettere, per dire, che chi ha competenze editoriali deve saper scrivere! Sarebbe tautologico. Almeno, spero).

Caratteristiche comuni devono essere le capacità di:

  • evitare categoricamente guerre di religione
  • evitare di basare tutto su casi di studio di altri, sui dati «medi»
  • evitare di considerare la propria realtà come «diversa da tutte le altre» e al tempo stesso essere capaci di conoscerne  ed esaltarne le peculiarità
  • porsi in modalità «ascolto» internamente ed esternamente

Editoriale

L’attitudine deve essere rivolta a una capacità di costruzione di contenuti relazionali sfruttando tutte le possibili attrazioni per il contenuto. Occorre dunque saper produrre contenuti interessanti, fare in modo che questi contenuti siano transmediali (e dunque declinabili per tutte le piattaforme possibili), rintracciabili da chi li cerca usando i motori di ricerca, interessanti per chi ci si imbatte attraverso i social, utilizzabili per informare un database di persone interessate o per scopi di pr e comunicazione.

Marketing

La linea è tracciata da vari testi fondamentali, dal Cluetrain Manifesto, dalle New Clues e da quel Kotler che ha saputo, alla veneranda età di 86 anni, tirar fuori un Marketing 4.0 che torna a unire i puntini. Il punto fondamentale? Ancora una volta: relazionalità. Capacità di comprensione del «viaggio» del cliente (anche nelle sue parti più nascoste), capacità di comprensione del concetto di conversazione, fuga dalle parole chiave che tutti battono per un recupero della concretezza nella creazione di un rapporto fra brand cliente. L’opinione del cliente è fondamentale. Naturalmente non si può più costruire in assenza di un prodotto di qualità.

Vendita

La forza vendita, prima di tutto, deve saper ascoltare le esigenze dei clienti e saper formulare le offerte in maniera personalizzata. Anche la forza vendita, insomma, deve avere delle competenze umanistiche, relazionali, empatiche. Vale per chi vende un prodotto fisico, una app, un database, un servizio, uno spazio pubblicitario.

Sviluppo

Chi si occupa dello sviluppo di un progetto che si declina anche su una piattaforma digitale deve riconoscere la necessità della componente umanistica, che non può mai essere subordinata alle esigenze tecniche. Deve essere in grado di creare un prodotto replicabile, scalabile, aggiornabile, che sia possibile manutenere anche ad opera di terzi se se ne dovesse presentare il caso. Deve fornire un manuale d’uso e lavorare in termini di semplicità e di automazione di tutto ciò che può ragionevolmente essere automatizzato. È necessario che chi sviluppa sia aggiornato su tutti i requisiti richiesti dalle principali piattaforme.

Design

I requisiti fondamentali di chi si occupa di design richiedono una profonda conoscenza e uno studio approfondito della cosiddetta user experience. Significa saper fare i test per valutare l’esperienza utente, saper progettare secondo i principi della semplicità conformi al design più funzionale (testi di riferimento imprescindibili: Don’t make me think di Steve Krugg e Le leggi della semplicità di John Maeda).

Chiaramente, varrà poi la pena di approfondire ciascuna delle competenze di cui sopra. Proveremo a farlo con una serie di contributi a tema fatti da persone che lavorano in ciascuno dei settori.

Come si organizza il flusso di lavoro?

In fase di progettazione occorre definire, sulla base degli obiettivi, i requisiti di ciascuna delle cinque parti del prodotto.

Immaginiamocelo come un cerchio, anche in questo caso. Parto, per comodità, da chi produce i contenuti.

La componente editoriale deve definire il format dei contenuti.

La componente di marketing deve progettare il funnel e tutte le leve di conversione.

La componente di vendita deve intervenire sulle leve di monetizzazione, esplicitandole.

La componente di design deve disegnare le pagine, le app, l’esperienza utente facendo in modo che i contenuti siano fruibili in maniera semplice e adatti al funnel.

La componente di sviluppo deve infine progettare in pagina il tutto in maniera semplice e funzionale.

A questo punto parte il loop infinito, in cui ciascuna delle competenze si interfaccia con le altre per migliorare il prodotto nel suo complesso.

Perché la misura non è affidata a una delle cinque competenze?

Se ti è venuta in mente questa domanda, sappi che è ottima. La risposta, dal mio punto di vista, è semplice. Per evitare che, consciamente o inconsciamente, si faccia un cherry picking dei dati per dimostrare questa o quella tesi.

Come dev’essere dimensionato il team? E con che tempistiche?

Qui siamo a un punto cruciale. È ovvio che ci vorrebbero, in un mondo ideale, cinque persone, una per ciascuna competenza, magari con un vice, un braccio esecutivo. Sappiamo che non è sempre così, che non è detto che sia possibile.

Allora bisogna fare i conti con la necessità, eventualmente, di condividere più competenze su una sola figura oppure di esternalizzare determinate competenze. Oppure di intraprendere percorsi di formazione e affiancamento (meglio se basati su casi pratici e sull’operatività).

Facciamo un esempio pratico. Il team con cui lavoro a Come fare con Barbara è composto da sole tre persone: in tre decliniamo diversi tipi di competenze editoriali. Per lo sviluppo ci affideremo, con il 2018, a uno sviluppatore esterno che lavorerà su WordPress rispetto a requisiti che indicheremo noi. Il ruolo del «project manager» è ricoperto dal sottoscritto. Fulvio Nebbia ed io facciamo anche i commerciali (cioè la forza vendita) e ci occupiamo del marketing (prettamente digitale) e dell’organizzazione degli eventi. Il design definitivo del sito verrà per ultimo (non perché lo si sottovaluti ma per contingenze).

Questa nostra peculiare organizzazione non significa che sottovalutiamo qualcuna delle cinque competenze.