Anche in Italia è podcastmania. Almeno, questo sembrano dire i dati. Ne ha parlato Andrea Signorelli su L’Espresso e poi ha fatto un riassunto del suo lavoro sul suo profilo Linkedin. Secondo questi dati, c’è una torta da 39 milioni di euro di ricavi pubblicitari che alimentano il mondo dei podcast nel nostro paese (nel 2022).
Le vie della monetizzazione, però, non sono infinite.
I ricavi pubblicitari sono perlopiù appannaggio di
- grandi player (cioè grandi nomi dell’ecosistema editoriale o di produzione di contenuti sui social) con capacità contrattuale
- player che possono già contare su un buon ammontare di “traffico” o ascolti
- player più piccoli, che però non hanno problemi a monetizzare i loro lavori con la pubblicità
Cosa succede se, per i motivi più vari, vuoi separare il tuo lavoro editoriale dalla pubblicità, come facciamo in Slow News? Le cose si complicano decisamente.
I branded podcast
Puoi dedicarti ai cosiddetti branded podcast, per esempio. Cioè: podcast che toccano argomenti di interesse per aziende disposte a pagare per la produzione di quel podcast in cambio di un proprio posizionamento al loro interno. Ma in quel caso, spesso la committenza comanda e tocca fare i conti con il fatto che branded podcast e giornalismo potrebbero non andare esattamente a braccetto. Dipende dai temi, dipende dal cliente, dipende da quel che si riesce a fare in sede di negoziazione.
In ogni caso fare branded podcast – così come fare, in generale, branded content – significa essere a proprio agio con il fatto che i propri contenuti verranno dichiaratamente associati a una sorta di “promozione” dell’azienda che paga, dalla quale in qualche modo si dipende. Si può affrontare in maniera indipendente un argomento caro a un’azienda che paga? Fino a che punto arriva quell’indipendenza?
Il sostegno di chi ascolta
Allora puoi provare a farti pagare dalle persone. Piattaforme come Spreaker consentono la monetizzazione con sostegno da parte degli ascoltatori e delle ascoltatrici.
Non bisogna farsi troppe illusioni, però. Farsi pagare per un podcast richiede
- una community solida
- un lavoro di marketing sul prodotto
- un lavoro di comunicazione sul prodotto
In generale, farsi pagare dalle persone per un podcast ha gli stessi problemi di farsi pagare per un abbonamento o una membership. Se poi il podcast è un prodotto una tantum, le difficoltà aumentano.
In syndication
Un’altra possibilità è quella di lavorare al tuo podcast e trovare al editoriali a cui venderlo in syndication. Qui bisogna armarsi di pazienza e competenze di negoziazione, contattare possibili partner editoriali
Il crowdfunding
In Slow News abbiamo lavorato spesso con i crowdfunding. Per il podcast 10 e 25 – La vera storia della strage di Bologna, per esempio, ce n’è uno ancora in corso fino al 2 agosto. Anche in questo caso bisogna lavorare attentamente: il crowdfunding va progettato, bisogna scegliere la piattaforma, la metodologia di raccolta del denaro (di solito la scelta è fra “raccogli tutto” – indipendentemente dall’obiettivo raggiunto o meno – “donazione semplice”, o “tutto o niente”, cioè con raccolta del denaro solo se si raggiunge l’obiettivo predefinito. le ricompense (noi, per esempio, ci abbiamo messo dentro anche Piano, la nostra rivista cartacea), bisogna lavorare sulle proprie community, su quelle degli autori, essere lucidi nella definizione degli obiettivi, seguire il crowdfunding tutti i giorni con contenuti che vanno diffusi sulle varie piattaforme, gestire i commenti, le obiezioni, le richieste .
Se decidi di finanziare il tuo podcast in questo modo, ricorda che la comunicazione del tuo crowdfunding è fondamentale. È fondamentale anche ricordarsi che le persone hanno budget limitati e non possono finanziare proprio tutto, nemmeno quando vorrebbero.
Il motivo per cui abbiamo fatto questa scelta in Slow News è, prima di tutto, che non possiamo e non vogliamo associare il contenuto di un podcast sulla strage di Bologna ad alcun brand.