L’esistenza di «nuove» piattaforme sulle quali disseminare contenuti, fare campagne pubblicitarie, avviare operazioni di marketing, si porta appresso tutta una serie di equivoci che, generalmente, sono riassumibili così.
Vogliamo difendere lo status quo.
Usiamo gli strumenti nuovi per difendere lo status quo.
In più c’è un rifiuto quasi assoluto nei confronti della formazione rispetto a strumenti che, invece, richiederebbero due pilastri portanti per lasciarsi utilizzare
- un metodo (che poi sarebbe il manuale di stile, l’elenco delle buone pratiche, chiamalo come preferisci)
- la conoscenza tecnica per applicare quel metodo
Il primo lo devo conoscere tu, per forza.
La seconda la puoi anche esternalizzare (anzi, sarebbe un bene farlo), a due condizioni:
- le persone (l’agenzia, i consulenti) che gestiranno qualsiasi brandello della tua presenza digitale devono lavorare seguendo il tuo metodo e ricordandosi che digitale è reale
- devi sapere cosa poter chiedere (e quindi, purtroppo, devi anche avere conoscenze tecniche)
Di recente ho avuto modo di toccare con mano tre modi di interpretare Facebook e Twitter decisamente singolari. Tutti i dialoghi che seguono hanno davvero avuto luogo.
Twitter e il segnaposto
«Perché avete un profilo Twitter?»
«Perché facciamo news».
«Sì, va bene, ma qual è l’obiettivo?»
«Esserci»
«…»
«…»
«Ma avete visto che i vostri Tweet non hanno alcun riscontro? Né sulla piattaforma né al di fuori?»
«Sì, ma ogni tanto qualcuno ci nomina»
«E questa cosa vi è stata utile nel tempo? Che cosa ha portato?»
«No, niente, però secondo me su Twitter ci devi essere, se non altro per avere un segnaposto anche lì».
«E cosa ci mettete su Twitter?»
«Niente, una volta al giorno condividiamo una delle news. Ma perché non c’è mai stata una strategia, eh, su questo hai ragione».
Faresti mai aprire un negozio in un paesello dove qualcuno ti ha detto che devi esserci senza però avere la possibilità di tenere aperto perché non ci sono commessi in quel negozio?
Facebook è tutta pubblicità
«Qual è la strategia su questa pagina?»
«Due volte a settimana mettiamo post sponsorizzati. Sono le campagne pubblicitarie dei clienti»
«E il resto della settimana?»
«Niente»
«Cioè, condividete solo post sponsorizzati?»
«Sì»
«Con che risultati?»
«Eh, un po’ di like e di condivisioni li otteniamo. Ma abbiamo perso qualche cliente»
«Come mai?»
«Perché dicono che like e condivisioni non si sono mai convertiti in azioni».
Se ti dicessi che ho una trasmissione televisiva e all’interno di quella trasmissione televisiva faccio passare solamente uno spot, due volte a settimana, penseresti che sto lavorando bene?
Te la do io l’India
«Che strani gli insights di questa pagina Facebook»
«Strani in che senso?»
«Boh, guarda, è come se il fuso orario fosse completamente sballato: il tuo pubblico si collega ad orari assurdi. Pubblicate spesso la notte?»
«No».
«Ah, guarda qui. Hai un sacco di fan da New Dehli».
«Be’, ha senso»
«Cioè?»
«Ogni tanto scriviamo anche in inglese, magari sono persone interessate a storie italiane ma in inglese»
«Dall’India?»
«Perché no?»
«Ma trattate argomenti che possono interessare un pubblico indiano?»
«No, in realtà no»
«Scusa, ma quando sono arrivati questi fan dall’India?»
«Eh, di botto, un paio di giorni quando è stata aperta una campagna di promozione sulla pagina»
«Da chi?»
«Da noi»
«E avevate profilato il pubblico?»
«Profilato?»
Se ti dicessi che sto pubblicizzando il mio romanzo scritto in italiano e sto raggiungendo con le pubblicità dei kazaki, cosa penseresti di me?
Queste tre situazioni sono tutte derivanti dal fatto che siccome Facebook ti consente di fare le cose in fretta tu che fai? Vai e apri la pagina e poi giù di promozioni e chi si è visto si è visto.
Non sono situazioni rare, purtroppo.
La terza è di interesse anche per una nostra abbonata, che ne ha scritto sul gruppo di conversazione di Wolf. E dunque, vediamo un po’ che fare.
Ma prima, la risposta a una domanda fondamentale.
Perché è importante che il pubblico della mia pagina sia un pubblico realmente interessato ai miei contenuti?
Dividiamo la risposta in due parti.
La prima è la risposta tecnica: «È semplice. Perché se le persone sono realmente interessate ai tuoi contenuti è più probabile che interagiscano con essi. Che abbiano delle reazioni, Che li ricondividano, disintermediando e raggiungendo le loro reti che tu altrimenti non avresti raggiunto.
Se tutto questo accade, significa che i tuoi contenuti fanno engagement. E l’engagement influenza la reach, cioè, più le persone sono coinvolte dai tuoi contenuti e interagiscono con essi più i tuoi contenuti si diffondono raggiungendo sia persone che ti conoscono già sia persone che non ti conoscono ancora.
Insomma: contenuti pertinenti per un pubblico pertinente aumentano la portata organica e vengono premiati dall’algoritmo di Facebook».
In più, lo dice lo stesso Facebook in una pagina che si intitola L’importanza dell’autenticità su Facebook.
La seconda risposta è quella del consulente senza tatto, quello che vorrebbe che la pagina di Faceboo linkata qua sopra si intitolasse «L’importanza dell’autenticità e basta», quello che non può lavorare in un’azienda in cui il capo vuole sentirsi dire sempre sì. La risposta è questa: «Perché mai dovresti produrre contenuti per un pubblico a cui non frega niente di quei contenuti?
Se non ti piacciono i musical non vai a vedere La la land. Se ti fa paura l’horror non vai a vedere It. Se non ti piace leggere non compri libri. Se non ti piace il cioccolato, ordinerai il pistacchio o qualche altro gusto. Sono contenuti. Se non ti piacciono non li leggi, non li mangi, non li guardi, non li compri, non ci vai. Perché mai il pubblico della tua pagina su Facebook dovrebbe comportarsi in maniera diversa?»
Archiviato questo punto, veniamo a un paio di consigli pratici in apertura di pagina e poi cerchiamo di capire come risolvere il problema se il danno è stato fatto.
Per iniziare bene
Primo, restringi il pubblico
Se apri una pagina Facebook oggi, comincerai a ricevere like da ogni parte del mondo. Sono spesso profili fake di spammer, o persone che vengono raggiunte casualmente dalla tua pagina. Un modo intelligente per limitare quanto più possibile questo fenomeno è limitare la visibilità della pagina alle sole aree geografiche che ti interessano, per esempio. E poi attivare anche la possibilità di restringere il pubblico della singola condivisione che farai. Le opzioni le trovi nelle Impostazioni Generali.
Ma questo non risolve il problema, stando a molte persone che si rivolgono all’assistenza di Facebook per avere lumi in merito.
Secondo, invita persone interessate
Comincia a invitare alla pagina tuoi contatti che pensi – ragionevolmente – interessati a quei contenuti. Non invitare a caso, alle persone dà fastidio.
Terzo, pubblica contenuti pertinenti
Per costruirti il tuo pubblico devi iniziare a pubblicare contenuti pertinenti con la tua missione editoriale. Quindi, fatti un piano editoriale variegato, non solo in termini di contenuti ma anche in termini di tipologie di contenuti. Alterna sapientemente i link verso i tuoi siti ai link a contenuti che invece giacciono esclusivamente su Facebook. Può valer la pena di investire un po’ di budget per raggiungere persone targettizzate attraverso la profilazione del pubblico di Facebook, per esempio. O usare il pixel di tracciamento per conoscere il tuo pubblico sul sito e far arrivare quei contenuti in maniera mirata.
Più crescono le persone realmente interessate ai tuoi contenuti, più si diluisce l’effetto di quel pubblico fake che rischi di portarti in casa anche se fai attenzione. La crescita deve avvenire in maniera naturale: ti ricordi quel che spiegavo quando parlavo della strategia adottata su Come fare con Barbara? Promuovere contenuti e non direttamente la pagina? Ecco.
Questi sono tre buoni consigli per iniziare da zero.
Se il danno è fatto
Ma potresti trovarti nel drammatico scenario dell’India, su una pagina in cui parli di gelati artigianali fatti con prodotti a chilometro zero in provincia di Pavia. Te ne accorgi perché hai 60mila fan ma interagiscono in 3 e uno sei tu. Te ne accorgi perché si collegano tutti ad orari assurdi (ci credo, sono di un altro fuso orario). Te ne accorgi perché la tua pagina, in altre parole, non ti sta servendo a niente. In quel caso, come puoi fare?
Informazioni, produzione e campagne
Tanto per cominciare, devi riuscire ad avere quante più informazioni possibili sul pubblico che interagisce realmente con la pagina. Lo puoi fare con gli Insights sul pubblico: devi usare tutti gli strumenti che hai a disposizione per distinguere le persone che non ti interessano e che non sono interessate a te da quelle che, invece, lo sono. Per esempio, puoi filtrare il tuo pubblico per la sola Italia, se la tua pagina è in italiano, e a quel punto profilare accuratamente i contenuti solamente per le caratteristiche del pubblico che hai in Italia.
Se la tua pagina è associata a un sito allora il compito è un po’ più agevole perché con il pixel di tracciamento installato e la nuova funzionalità di Facebook Analytics puoi avere informazioni ancor più precise su persone che realmente hanno visitato il tuo sito (dunque sono tuo pubblico) e che sono esseri umani e non bot, con una buona approssimazione.
Fortunatamente, gli strumenti evoluti di Facebook ti consentono di andare oltre.
Puoi, per esempio, creare una lista di persone che hanno interagito con la tua pagina, ad esempio, nell’ultimo anno. E inviare tramite campagna dei contenuti solo a quelle persone. Puoi anche selezionare la tipologia di contenuti che ti interessano.
A questo punto non c’è che da fare quel che si dovrebbe fare di solito su una pagina Facebook. Produrre contenuti. Siccome non hai molte speranze che l’organico funzioni bene, visto che la tua pagina è devastata dai «like» acquisiti, dovrai investire un budget. Dopodiché, si può fare in modo di creare campagne su quei contenuti inviandole a tutti e soli i fan della pagina che rispondono a determinati requisiti (quelli che presumibilmente quel like te l’hanno concesso perché gli interessa sul serio, quelli che, appunto, hanno interagito con post o annunci, mandato messaggi alla tua pagina eccetera eccetera).
In questo modo la pagina dovrebbe rianimarsi, l’interazione aumentare, i fan veri risvegliarsi. Se ne dovrebbero aggiungere altri e le cose dovrebbero cominciare a riprendere un giusto corso.
Se il numero di «fake» che hai all’interno della pagina (per «fake» intendo proprio tutto: sia coloro che hanno messo like ma non sono interessati sia profili finti) non è soverchiante e si contiene fino a farlo diventare una percentuale insignigicante del totale, il problema potrebbe essere risolto.
Purtroppo è impossibile prevedere quanto tempo ci voglia e quanto budget, bisogna fare valutazioni caso per caso e test. Ma può darsi che tu non ci riesca in tempi rapidi o nel tempo che ti serve. E allora ci sono solo due soluzioni, entrambe drastiche.
Pulizia
La prima soluzione è pulire. La brutta notizia è che devi fare a manina. Cioè, devi andare lì e rimuovere uno a uno tutti coloro che sono palesemente non-interessati alla tua pagina. Sarebbe comodo uno strumento di massa per farlo, ma Facebook non lo offre. O meglio, ce n’era uno che però in questo momento è in manutenzione per sistemare alcune funzionalità: si chiama Removelikes e si usa(va) per ripulire i like della tua pagina in modo da aumentare l’engagement, come spiegato in questo post. Attenzione: non comprarlo, al momento. Non accettano nuovi ordini finché non sarà pronta la nuova versione. Quindi, questo significa che ti devi mettere lì, entrare nelle Impostazioni della pagina e, uno a uno, rimuovere tutti i profili che sono evidentemente non compatibili con la tua attività.
È un’attività noiosa e lunga, quindi va valutata bene.
Ricominciamo
La seconda soluzione potrebbe sembrarti drammatica ma in alcuni casi la situazione potrebbe essere talmente compromessa e irrecuperabile da suggerire, piuttosto, di ripartire da zero. Crei una nuova pagina (questa volta rispettando tutte le buone pratiche e le indicazioni per evitare il problema a monte e, soprattutto, non affidandoti a qualcuno che ti fa una campagna di «boost» indiscriminata.
Spero che questo lungo percorso strategico-pratico sia stato utile per due motivi. Il primo è che dovrebbe chiarire, una volta per tutte, l’importanza del metodo. Il secondo è che, ovviamente, dovrebbe aiutarti a risolvere il problema se ce l’hai. Se vuoi approfondire qualche argomento, scrivimi.