Ci sono storie che cambiano il tuo modo di vedere il mondo. Quella di Howard Gossage è una di queste storie. Il consiglio di lettura da cui partiamo è un libro che si intitola Changing the World is the Only Fit Work for a Grown Man, di Steve Harrison, copywriter britannico pluripremiato.
Perdoniamo al suo autore un po’ di celebrazione agiografica – d’altra parte, tu non celebreresti l’uomo che ha reso famoso McLuhan o che ha contribuito alla creazione dei più interessanti movimenti ambientalisti nel mondo?
Immergersi nella lettura non può che aiutarci a comprendere meglio la nostra contemporaneità e tutto quel che facciamo quando parliamo di annunci pubblicitari sui social media.
Come può avere a che fare con i social media un pubblicitario morto nel 1969? Ecco, il bello sta proprio qui.
Sta nella storia, nel personaggio, nella visione del mondo di Howard Gossage.
Non è semplice riassumerne i tratti fondamentali, anche perché bisognerebbe rimbalzare nella storia del mondo della pubblicità.
Quel che bisogna dire, tanto per cominciare, è che Howard Gossage era, prima di tutto, un grande innovatore.
Il suo percorso culturale prevedeva, fra le altre cose, un’immersione in quelli che sarebbero diventati i classici del pensiero della cosiddetta media literacy, un campo di studi troppo spesso distante dai percorsi didattici del nostro paese. Fra le letture di Gossage c’erano Norbert Wiener (per esempio, Introduzione alla Cibernetica) e Marshall McLuhan.
Un pezzo quasi completamente dimenticato – sicuramente poco tramandato – della storia di McLuhan riguarda la sua “nascita” come guru dei media nel mondo statunitense. Un professore canadese che, prima, prendeva 500 dollari a conferenza e poi, improvvisamente, chiude un accordo per un ciclo di 6 conferenze sul mondo dei media in USA a 25.000 $ l’una.
Merito della sua visione, delle sue teorie, della sua abilità espositiva. Ma anche merito di un evento specifico organizzato da un pubblicitario che si era appassionato ai suoi scritti. Howard Gossage.
Sì, per quanto sia dura da credere, il merito della fama di Marshall McLuhan è in gran parte da ascriversi – almeno quanto a incidente scatenante – al lavoro lungimirante e appassionato di un pubblicitario. Come dicevo, l’aneddoto è quasi scomparso. Ne trovi traccia anche su altri testi e nel sunto di Wikipedia versione inglese
«[McLuhan’s] publicity began with the work of two California advertising executives, Howard Gossage and Gerald Feigen who used personal funds to fund their practice of “genius scouting”.[93][94] Much enamoured with McLuhan’s work, Feigen and Gossage arranged for McLuhan to meet with editors of several major New York magazines in May 1965 at the Lombardy Hotel in New York. Philip Marchand reports that, as a direct consequence of these meetings, McLuhan was offered the use of an office in the headquarters of both Time and Newsweek, any time he needed it».
Da questa componente aneddotica – o meglio, storica – puoi intuire uno dei punti cardine della visione di Gossage: il fatto che una campagna pubblicitaria, qualunque sia il prodotto – in questo caso: le teorie di un genio – deve trovare il modo di occupare i media. Non con gli annunci che parlano del prodotto. Ma creando delle strutture parallele al prodotto stesso. Nel caso di McLuhan, per esempio, non c’era niente di meglio che invitare giornalisti a sentire la conferenza di un uomo che li avrebbe massacrati rispetto alla loro comprensione reale dell’ecosistema mediatico (e che, in effetti, li massacrò! E non solo in quel primo evento!)
Che Gossage fosse un pubblicitario molto particolare lo puoi intuire dai due esempi di annunci pubblicati qui sopra (e da quelli che seguiranno). Quelli in rosa sono per un cliente del mondo delle compagnie petrolifere, FINA. Gossage, per farla breve, disse al cliente che non trovava proprio nulla di diverso nel loro prodotto rispetto a quello di tutti gli altri concorrenti. E quindi ci giocò su. Con il colore rosa, con l’aria rosa, additivo “segreto” (ancorché inesistente) aggiunto alle gomme gonfiate nelle stazioni di servizio. Guarda gli annunci e vedrai di cosa stiamo parlando.
È chiaro che per un comunicatore del genere servono anche clienti appropriati, che ne colgano la genialità e che si prestino.
Ad un certo punto, la rivista “Scientific American” si rivolse a Gossage per chiedergli di progettare una campagna pubblicitaria “B2B” con lo scopo di intercettare inserzionisti pubblicitari delle compagnie aeree, che avevano budget a disposizione.
Gossage non fece la tradizionale operazione di descrizione del pubblico di Scientific American per ingolosire gli inserzionisti. Comprò, invece, fedele alla sua teoria delle strutture parallele, una pagina e mezza sul New Yorker lanciando a nome della rivista un grande concorso per fabbricanti di aeroplani di carta.
La campagna ebbe un successo inaudito
Portò gli inserzionisti sperati a Scientific American, culminò due anni dopo (!) con la pubblicazione di un libro. Il titolo? The Great International Paper Airplane Book by Jerry Mander.
Queste erano le strutture parallele di Gossage.
Nota che nei suoi annunci pubblicitari il testo e la componente editoriale sono sempre molto importanti. Ma c’è un altro elemento che appare evidente: i coupon e l’interazione con il pubblico.
Gossage riteneva il pubblico un soggetto attivo, che legge e si interessa alle cose che gli interessano e che, ogni tanto, queste cose possono essere anche degli annunci pubblicitari.
Per questo chiedeva, in un mondo in cui l’idea di avere un feedback era ancora molto lontana dal concretizzarsi nell’ecosistema dell’advertising, il parere del pubblico, lo coinvolgeva in gare (come quella degli aeroplanini), in attività (come ad esempio dare il nome a un colore) e in generale era genuinamente interessato ai pareri delle persone. Che poi trasformava (veri o inventati o un po’ coloriti) in altri annunci pubblicitari per il medesimo cliente.
Lead generation, advertising interattivo, feedback: era già tutto lì. Non è un caso che Gossage si interessasse alla cibernetica, alle teorie di Wiener, a McLuhan: l’occupazione del mezzo in tutte le sue forme, l’amplificazione del messaggio da parte del mezzo stesso, il feedback e la modifica del contenuto dopo il feedback sono tutti elementi che i due studiosi avevano ampiamente esplorato e trattato, sia in ambito comportamentale sia nello studio dei meccanismi della comunicazione.
Le idee radicali di Gossage avevano fatto di lui un outsider e, per natura, lo avevano avvicinato al mondo dell’attivismo. Ecco perché, per esempio, si era occupato di una campagna per salvare il Grand Canyon da un progetto speculativo.
Ok, il Grand Canyon non doveva essere veramente allagato, secondo il progetto che i suoi clienti ambientalisti volevano bloccare. Almeno, non del tutto. Ma, ecco, non è importante quel che succede ma piuttosto quel che si racconta. Soprattutto – nell’ottica di Gossage – se è per una buona causa.
Li vedi i coupon? Erano multipli, in questo caso. E indirizzati al Presidente degli USA, al Segretario di Stato, ad altri esponenti del mondo politico. Che furono letteralmente inondati. Seguì dibattimento, un nuovo annuncio (peraltro, con un titolo tratto direttamente da una frase pronunciata in quel dibattimento «E allora dovremmo anche allagare la Cappella Sistina, così i turisti potrebbero esser più vicini al soffitto») e poi il blocco del progetto.
Non male, vero? Ci furono alcune conseguenze, certo, e il Presidente del Sierra Club fu costretto poi alle dimissioni perché quella serie di annunci fece un gran rumore. Ma poco dopo fondò – e lanciò, sempre con l’aiuto di Gossage – un’associazione che forse hai sentito nominare: Friends Of The Earth. Nacque in due stanze degli uffici di Gossage. E ora è presente in 65 paesi nel mondo.
Questo iconoclasta non poteva passare alla storia in maniera tradizionale. E infatti fu sostanzialmente rimosso, dimenticato, da tutta la letteratura sui media degli anni ’80, per poi ritrovare un po’ di spazio di recente (il libro di Harrison è del 2012), anche se probabilmente meno di quel che merita realmente.
Studiando Gossage, abbiamo iniziato a lavorare a una campagna per Slow News, che cominciamo a proporti da queste parti per sapere che ne pensi.