Alla ricerca della creatività

Quando si lavora in un ecosistema che sta a metà fra l’ingegneria e le discipline umanistiche bisogna affrontare l’annoso tema della creatività.

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È una delle cose più difficili da far capire a clienti, colleghi, parenti e amici se non hanno a che fare con la parte creativa: è difficilissimo mettere a sistema la creatività, ragion per cui ci diamo un metodo, delle gabbie dalle sbarre non troppo rigide, degli schemi da riempire, dei canvas e via dicendo. Ma per quanto si schematizzi tutto, c’è sempre quell’imponderabile elemento serendipitevole che sfuggirà alla nostra catalogazione, alla nostra ansia – di matrice deterministico-ingegneristico-capitalistica – di misurare tutto, di dare a tutto un valore, di poter essere certi che se vado da A a B passando per C allora otterrò D.

Non ce la fai, ad ingabbiare la creatività, anche se ti piacerebbe. E soprattutto, come scrivevamo, la creatività non è una commodity.

Però ci sono alcune cose che si possono fare, a livello strategico. In Design The Life You Love, per esempio, una strategia suggerita è quella di fare del riscaldamento mentale, disegnando, per esempio. Io ho iniziato a fare origami. È un trucco che non ha niente a che vedere con l’auto-aiuto. Anzi, non è nemmeno un trucco, è una tecnica che “distrae” la parte più razionale del tuo cervello e ti impegnia a fare un’attività che riscalda quella preposta alla creazione. Magari per qualcuno un buon warm up è persino cazzeggiare sui social: non esiste una prescrizione in tal senso. Io ho semplicemente scoperto che per me non funziona.

In generale, mi sono interessato moltissimo ai testi che parlano di come funziona il percorso creativo. Ne ho letti parecchi e alla fine ho trovato almeno due testi che fanno al caso mio e che penso facciano anche al caso tuo. Il primo – che però tratteremo in un secondo momento – è In acque profonde, di David Lynch (se preferisci la versione inglese, il titolo originale è Catching the Big Fish). Il motivo per cui ne parleremo più avanti è che richiede un approccio più, diciamo così, metafisico. E qui so che spesso puntiamo anche alla concretezza.

Il secondo, invece, si intitola Creative Quest, di Questlove, Il batterista dei Roots. È un vero peccato che rientri nella categoria – limitante, come tutte le categorie – dei libri di autoaiuto, perché è molto di più. Questlove, a differenza di molte persone che cercano a tutti i costi di venderti un metodo per essere creativi (praticamente impossibile), cerca di spiegare come funziona il suo percorso verso la creatività e mette insieme una serie di suggerimenti molto interessanti e pratici da un lato, molto filosofici dall’altro per incanalare, in qualche modo, la creatività e per migliorarne le performance, partendo da un presupposto che a me sembra fondamentale: non c’è alcun modo di programmare l’atto creativo. Puoi programmarne tutto ciò che ne consegue, ma non l’atto creativo in sé. Che però puoi aiutare.

La prima cosa da fare è – come scrivevo in questo pezzo dedicato al mondo del giornalismo – mettersi in condizione di pensare fuori dagli schemi preconcetti. Per pensare out of the box, non puoi trovarti ingabbiato fra i paletti delle cose da fare assolutamente adesso, in emergenza, soprattutto in un ecosistema che ti fa pensare che l’emergenza sia continua.

Che tu ne esca disegnando o facendo un origami o meditando tutti i giorni (questo è quello che consiglia Questlove, almeno mezz’ora al giorno), devi trovare un modo staccarti dalle incombenze quotidiane. La routine e lo stress delle scadenze meccaniche sono nemiche della creatività. Anche se in un certo senso può capitare che essere fortemente sotto pressione favorisca l’atto creativo. Ma questo accade solo se sei in grado di riconoscere la sensazione di panico, scacciarla e approfittare del momento di massima adrenalina per stimolare la creazione.

Il problema è che non si campa solo sotto adrenalina e qualche volta devi mettere insieme i pezzi per stimolare l’output del tuo lavoro e devi sapere come procedere.

Questlove suggerisce una serie di azioni che partono da un concetto e che diventano i tuoi strumenti creativi

  • parti dalla fine. Cosa dovrai ottenere, che risultati, che effetti su chi avrà a che fare con la tua idea
  • immaginati come dovrebbe scrivere della tua creazione la migliore rivista di settore che parla dei tuoi argomenti. Anzi, già che ci sei, scrivere direttamente la recensione che vorresti è un ottimo modo per partire dalla fine
  • concediti il nulla: non esagerare con gli stimoli esterni e concedersi momenti di nulla: a volte la noia è il primo passo verso la creatività
  • fai altro rispetto a quel che fai di solito. Se scrivi, fotografa. Se fotografi, gira un video. E via dicendo. È un modo molto concreto per dire: esci dalla tua zona di comfort
  • collabora. Non esiste l’atto solipsistico fine a sé stesso, è una leggenda che ci piace raccontarci. Anche la migliore delle idee del miglior genio di qualunque settore ha bisogno di supporto. Chiedi aiuto, fai le cose con le persone che ritieni compatibili con il tuo lavoro: non sei un’isola sola al mondo.
  • decidi i tempi e i luoghi. Ci sono persone che lavorano meglio di mattina. Altre di sera. Non cadere nella trappola della sincronizzazione del tempo.
  • usa il rinforzo positivo. Facciamoci dei complimenti, ogni tanto. Ne abbiamo bisogno. Tanto quanto abbiamo bisogno di essere critici.
  • riusa e ricicla, perché meno è meglio. Trova il modo di appuntarti le tue idee, in maniera ordinata, e ritornaci periodicamente. La creatività è meravigliosa, ma rischia anche di farti perdere un sacco di tempo se ogni volta devi reinventare da zero la ruota
  • rivedi i tuoi lavori precedenti. Sfogliarli, come un album di ricordi. Non per beartene, ma per ritrovare le cose positive che avevi creato e non dimenticare quelle in cui hai sbagliato. Quando hai problemi e non riesci ad avere un’idea, provare a rilavorare su uno dei tuoi vecchi progetti che conosci bene potrebbe sbloccarti.
  • rivedi lavori che ti sono stati di ispirazione in passato: ci sono persone che hanno già pensato e lavorato su argomenti e progetti che potrebbero servirti. Per “copiare” quel che si può, per migliorare quel che si può, per scartare quel che non serve.
  • fai un lavoro di “curatela” di tutto ciò che ti piace in questo momento, dei tuoi vecchi lavori, di quelli che ti hanno ispirato
  • immaginati una splendida presentazione delle cose che ti ispirano, che racconti come in uno show, o come in una mostra: come la racconteresti? come la presenteresti? cosa ci metteresti dentro?
  • pensa anche al “mercato”: perché probabilmente, delle tue idee, dovrai camparci
  • riconosci successi e fallimenti
  • ricomincia

Come spesso accade in questo tipo di processi (l’era dell’apprendimento permanente è fatta così), scopriamo che anche questo è un processo senza fine. Il metodo che suggerisce Mafe de Baggis con Fabula, anche quello è un processo senza fine.

La lettura è davvero gradevole, si passa dalla descrizione dell’ascolto dei vinili del padre di Questlove all’annoso problema del trovare un mercato per i lavori creativi.

Poi, quando avrai finito il libro, ti verrà una voglia irresistibile di provare a mettere a sistema tutto questo.

E allora, probabilmente, potrebbe esserti utile un’altra lettura. Il Manuale di Design Thinking.

Per ripassare, nel frattempo, ti consiglio di rivedere

Fabula 0: C’era una svolta
Fabula 1: Smontare il campo
Fabula 2: Il microcambiamento
Fabula 3: Trovare la bussola
Fabula 4: Facciamo che ero
Fabula 5: Le personas

(AP)