Guarda tutte le campagne che ci sono su Facebook (di chi fa politica e non)

Uno dei grandi temi in ballo da quando Trump è stato eletto nelle Presidenziali di USA 2016 è quello della propaganda politica su Facebook.

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È vero che tramite Facebook sono state manipolate le elezioni? È vero che si può arrivare a condizionare il voto delle persone attraverso i social? È vero che posso mandare messaggi mirati alle singole persone facendo leva sulle loro debolezze grazie a tutti i dati che vengono raccolti su questa piattaforma?

Le risposte a queste domande rischiano di essere troppo parziali.

Sappiamo che utilizzando gli strumenti evoluti di Facebook posso inviare messaggi differenziati a gruppi di persone con interessi specifici, in una maniera abbastanza precisa. Non sappiamo però quanto questo si converta in voto effettivo.
Su Wolf abbiamo mantenuto una posizione molto laica sul tema.

La piattaforma di Zuckerberg ha preso talmente sul serio la questione che ha sottoposto a controlli e identificazioni tutti coloro che erogano campagne pubblicitarie di contenuti su temi sensibili e “di interesse nazionale”. Persino la redazione di Slow News ha dovuto sottoporsi a questa identificazione, visto che ci occupiamo di ambiente, potere, emergenze, razzismo e via dicendo.

Ma poi, in avvicinamento alle elezioni europee 2019, Facebook ha fatto qualcosa di più, di completamente inedito.

Ha realizzato un vero e proprio motore di ricerca di campagne pubblicitarie in rotazione su Facebook. Un motore di ricerca a libera consultazione, che puoi verificare anche tu.

La lettura di questo pezzo dovrebbe idealmente collegarsi con questo altro contenuto in cui spiegavamo come funziona Facebook. È un pezzo pensato per gli abbonati di Wolf, un magazine specializzato. Ma abbiamo deciso di ampliarne la diffusione. Se vuoi provare Wolf, puoi abbonarti qui.

Lo strumento Libreria di inserzioni di Facebook

Si raggiunge attraverso questo link: https://www.facebook.com/ads/library/. Il nome ufficiale è Libreria inserzioni di Facebook

La home page si presenta così. Come vedi, in alto puoi decidere in quale nazione fare la ricerca.

Dentro la barra di ricerca, puoi digitare qualsiasi cosa (nomi, argomenti, organizzatori, ti suggerisce Facebook).

Visto che questo strumento è nato essenzialmente per le campagne di natura politica, sono andato a guardare parecchie pagine politiche italiane, per vedere se possiamo trarne alcune informazioni. Ma per prima cosa – non ho resistito – sono andato a guardare quella di Trump, perché so che guardando i risultati USA posso rendermi conto di come funzionerà il sistema quando sarà entrato a pieno regime.

Se digiti “Donald Trump” nella barra di ricerca di questo motore di ricerca molto particolare, questo è il risultato che ottieni.

La testata contiene ancora la barra di ricerca (quindi, dove vedi scritto “Donald J. Trump”, in alto a sinistra, potrai digitare altri termini. Poi ci trovi la foto profilo ufficiale con la spunta di verifica, il nome utente, la categoria (Personaggio pubblico), il numero di like. A destra, due tabelle ti mostrano alcuni dati di trasparenza della pagina, fra cui

  • la data di creazione
  • eventuali cambiamenti del nome della pagina
  • la residenza delle persone che la gestiscono
  • l’importo speso nell’ultimo anno negli USA (11,8 milioni di dollari)
  • l’importo speso nell’ultima settimana sempre negli USA (149.610 dollari)

Sotto, trovi tutte le campagne che stanno girando in questo momento o che sono state attivate nell’ultimo periodo (nell’immagine ne vedi solo una parte). Le puoi filtrare per nazione e per “stato” (cioè, se sono attive o non attive). Stando alle dichiarazioni di Facebook, questi dati saranno conservati e visibili per sette anni.

Puoi vedere la creatività di ciascuna campagna, leggerne i testi e poi, cliccando su “vedi i dettagli dell’inserzione”, puoi anche sapere qualcosa in più.

Puoi sapere da quando è partita la campagna pubblicitaria, con che budget, quante persone ha raggiunto, di quale età e in quali luoghi.

Tutti questi ultimi dati non sono disponibili per inserzioni normali di pagine qualsiasi, ma lo sono, invece, per tutte le pagine di politici e per tutte le inserzioni che trattano temi politici o di interesse nazionale.

Il report

Disponibile solo per gli USA (almeno fino all’8 maggio 2019) seguendo questo link si trova un report che raccoglie alcuni dei dati più significativi:

«è un riepilogo settimanale della libreria e include dati per inserzioni che sono state visualizzate da persone negli Stati Uniti nel periodo di tempo selezionato sopra.
Nell’ambito dell’impegno di Facebook per aumentare la trasparenza nella pubblicità, questo report sarà disponibile al pubblico.
In genere, la versione online di questo report elenca gli inserzionisti con la spesa più elevata. Per vedere la lista completa degli inserzionisti, puoi scaricare il report completo».

Puoi aspettarti di trovarci dentro report come questo.

Nell’ultimo anno (maggio 2018-maggio 2019) lo staff di Trump ha fatto girare, con due pagine diverse, duecentocinquemila campagne pubblicitarie diverse (magari alcuni gruppi differiscono solo per scelta di pubblico o di localizzazione).

E in Italia?

In Italia la situazione non è molto diversa. Mi sembra utile visitare un po’ di pagine di politici o partiti per fare confronti su strategie applicate.

Per prima cosa ho guardato le pagine di

Lega – Salvini Premier
Nicola Zingaretti
Matteo Salvini
Partito Democratico

Chi paga?

Sulla pagina della Lega per Salvini non ci sono campagne attive.
Sulla pagina di Luca Zingaretti non ci sono campagne attive.
Ci sono campagne attive sia sulla pagina di Matteo Salvini sia sulla pagina del Partito Democratico.

Se clicco su “Informazioni sull’esclusione di responsabilità” sulle inserzioni della pagina di Salvini (cioè, in soldoni: Facebook si manleva e ti dice di chi è la responsabilità del contenuto pubblicitario), ecco i dati di chi paga. Lega – Salvini Premier.

Se lo faccio sulle inserzioni della pagina del PD trovo un’informazione analoga.

Questa prima divisione ci mostra due strategie comunicative molto diverse, ancorché ovvie, se vogliamo: la Lega punta su Salvini per una comunicazione personale e identitaria. Il PD su una comunicazione di partito.

Non è sorprendente e forse è anche ovvio, ma è comunque interessante perché ti racconta due vocazioni distinte.

Sicuramente Più interessante, invece, verificare su quali tipi di contenuti ci siano campagne pubblicitarie in corso: qui sì, che emergono le differenze.

Per cosa paga Lega – Salvini Premier i su Facebook?

La comunicazione di Salvini sponsorizza tipi di contenuti diversi. Ci sono video amatoriali, foto di comunicazione più tradizionale che rimandano a eventi, articoli tratti da giornali.

C’è un’inserzione che sponsorizza un articolo del Corriere della Sera, con un testo d’accompagnamento che fa leva su alcuni dei punti cardine della campagna elettorale e della comunicazione salviniana:

«🔴Quasi il 60% degli italiani è favorevole alla castrazione chimica per pedofili e stupratori, una legge di civiltà presente in molti Paesi.
Oggi e domani la Lega raccoglie le firme nelle piazze di tutta Italia, il Parlamento non potrà più far finta di niente!»

E il contenuto è, appunto, un pezzo di un quotidiano italiano, che riporta un sondaggio e sottolinea che il tema della castrazione chimica è uno dei cavalli di battaglia della comunicazione di Salvini. Perché condividere un articolo? Per esempio, per una questione di legittimazione attraverso il brand, la testata citata.

Cliccando, si scopre che il pezzo propone un dato di «un sondaggiosondaggio di Swg, commissionato dalla Lega» (!) (il dato viene leggermente gonfiato, arrotondando, dal testo pubblicitario di accompagnamento su Facebook).

Il pezzo del Corriere, uno dei classici pezzi-riempitivo (poche righe, nulla di aggiunto al tema) è perfettamente funzionale alla campagna elettorale di Salvini. Ed è per questo che un profondo ripensamento del giornalismo fin dalle sue radici più profonde deve prevedere che questo tipo di pezzi non possano avere dignità di pubblicazione su un giornale, qualunque sia l’area politica di provenienza. Perché non fanno giornalismo. Tirano le volate ai temi di questo o quel candidato.

Torniamo alla condivisione sponsorizzata su Facebook. Fra le cose che si notano, oltre all’uso di elementi grafici nativi di Facebook, c’è la strategia del nemico. Il messaggio finale che deve passare è, più o meno questo: «Noi stiamo facendo quello che dicono gli italiani, se non abbiamo ancora fatto niente è colpa del Parlamento». Sempre dare la colpa a qualcuno, quando devi vendere consenso in maniera spicciola. Se poi quel qualcuno è un’istituzione democratica (all’interno della quale ci sei anche tu, ma ci sono pure i tuoi avversari, che in questo caso sono anche gli alleati) meglio ancora, perché quel che deve passare in termini di comunicazione è che comanda l’uomo del fare.

Ce n’è uno che sponsorizza un pezzo su una contestazione a Salvini, con un altro testo che parla alla pancia dell’elettorato:

«Folla oceanica di “democratici” compagni stamattina a Firenze al grido di “ODIO LA LEGA”.
Maleducati e anche un po’ brutti! Stiano sereni: sul loro odio vincerà la forza degli italiani perbene.😘»

È un video, che ha anche questo titolo: «FIRENZE, GRUPPETTO DI “KOMPAGNI” INSULTA SALVINI».

Il budget, come il precedente, è in un range fra i 1000 e i 5000 euro, i picchi geografici sono in Lombardia, Campania, Lazio e Sicilia. A giudicare dalla distribuzione per età, lo staff di Salvini spinge anche sul pubblico giovane.

Che senso ha sponsorizzare un pezzo in cui qualcuno ti contesta? Semplice. Questa è una strategia che Umberto Eco ha mirabilmente spiegato nel 2003 in un saggio pubblicato su L’Espresso, dal titolo «Sul populismo mediatico» (lo abbiamo citato ampiamente nel nostro contenuto-anticorpo I titoli e le polemiche).

In pratica, la strategia prevede questo: ogni volta che subisci una contestazione, vorrai fare di tutto per esporla al tuo elettorato. In questo modo, il messaggio che passerà sarà del tipo: «Guarda. Qualunque cosa io dica, qualunque cosa io faccia mi attaccano».

Poi c’è, a margine, uno dei topos dello stile dello staff di comunicazione di Salvini: la faccina col bacio, l’amore che vince sull’odio. Mutuato, peraltro, da una vecchia tecnica comunicativa di Berlusconi (che, nel 2010, addirittura pubblicò un libro dal titolo ««L’amore vince sempre sull’invidia e sull’odio»).

Il breve saggio di Eco era riferito proprio a Berlusconi.
Di fatto, a rileggerlo oggi, vediamo che si adatta perfettamente alla comunicazione salviniana, declinata sui social.

Proseguiamo con i contenuti sponsorizzati. C’è un video-selfie di Salvini con un bel cane, girato malissimo, in vericale, con Salvini che dice che sta preparando una legge per raddoppiare le pene contro chi maltratta gli animali. Ha lo stesso budget degli altri, reach stimata di più di un milione di persone. Gli animali. Su Facebook. Ovvio, no?

E poi ci sono altri video, ancora di contestazioni, un filmato amatoriale che mostra una persona, probabilmente nordafricana, litigare con due guardie giurate (non si capisce niente di quel che accade realmente, ma il fermo immagine ha il circoletto rosso e ci sono le parole in maiuscolo).


Di fatto, quel che si fa qui non è niente di diverso da quel che raccontiamo su Wolf quando parliamo di contenuti “attrattore” o di contenuti “magnete” per un pubblico preciso, di cui si conoscono e si fomentano le paure.

Sono contenuti di pura comunicazione, che raccontano una storia, con una strategia ben precisa. Non è magia.

Naturalmente, gli strumenti avanzati di Facebook consentono di inviare questi contenuti a pubblici preselezionati, residenti in certe zone, per esempio, o con certi gusti o interessi manifestati su Facebook.

E allora il PD?

Il PD, dal canto suo, ha inserzioni di questo tipo.

Santini. Foto di Zingaretti in mezzo alle persone, scattate evidentemente da fotografi professionisti, con grandi sorrisi, bandiere europee, slogan di campagna e spot video patinati, girati professionalmente ma non molto diversi da video stock, senza anima, che si chiudono con una foto statica di Zingaretti e lo slogan di turno.

Sembra la comunicazione corporate di un’azienda che parla di sé.

Anche temi caldi, perfettamente coerenti con l’elettorato potenziale, con la storia (almeno quella teorica) del partito, come il tema del cambiamento climatico, sono affidati a contenuti freddissimi.

I budget ad accompagnamento sono significativamente più bassi di quelli spesi dalla Lega.
Di fatto, il tipo di comunicazione scelto dal Partito Democratico non ha nulla per sfuggire alla cecità del messaggio pubblicitario tipica di un contesto ad alta saturazione di contenuti come Facebook. Cosa vuol dire? Vuol dire che Facebook è una piattaforma dove ogni secondo vengono pubblicate tonnellate di contenuti. Se vuoi aver speranza di far bene, ti devi far notare.

Questo non significa che questo tipo di comunicazione dovrebbe imitare le tecniche dell’avversario politico: è ovvio che ci si deve adattare alla propria realtà. Ma la strategia di fondo di produrre contenuti che parlino realmente alle persone, quella dovrebbe essere un must.

Il confronto fra i ccontenuti sponsorizzati dalla Lega per Salvini e quello fra i contenuti sponsorizzati dal PD potrebbe essere simile a quello che abbiamo visto fra la rivista corporate di Alitalia, che ti parla di sé, e quella di Easyjet, che, invece, parla a te (l’abbiamo analizzato in un pezzo dal titolo “basta parlare di me, parliamo della mia azienda“).

Lo strumento “Libreria di Facebook” per altri usi

Su contenuti non politici o pagine non politiche, la maggior parte delle informazioni che abbiamo visto non appare, ma appare comunque l’elenco con tanto di creatività visuale e testuale di tutte le campagne del brand o della pagina che vuoi esaminare.
Può diventare un utile tool di analisi per ispirarsi a quelli bravi o per valutare i lavori in termini di pubblicità su Facebook dei propri concorrenti.

E se invece non sei un addetto ai lavori, ti torna utile per sapere, se non altro, come funziona una piattaforma.

(AP)