Chi può fare campagna elettorale?

Quest’anno, per la prima volta, ho preso in seria considerazione l’ipotesi di candidarmi alle elezioni. Non dico per chi (anche se potete provare a indovinarlo), dico perché: per capire come funziona la politica da dentro. Ho rinunciato, ma la curiosità mi è rimasta, mentre intorno a noi sale l’ansia dell’influenza dei social media sul risultato delle elezioni europee. 

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L’ansia è una reazione istintiva a un contesto incontrollabile, o percepito come tale. I social media, appunto. Vale quindi la pena di scavare un po’ e ricordare che, quando diciamo che i social media influenzano le elezioni, stiamo subendo una figura retorica, la metonimia. Dice la Treccani: procedimento linguistico espressivo, e figura della retorica tradizionale, che consiste nel trasferimento di significato da una parola a un’altra in base a una relazione di contiguità spaziale, temporale o causale.

Perché dico che subiamo questa metonimia? Perché trasferiamo l’azione da chi la compie – le persone – allo strumento – i social media – e lo facciamo convinti che ci sia una volontà dello strumento, un po’ come avviene con gli editori tradizionali. Mi spiego meglio: il direttore di un giornale decide di influenzare (o no) l’opinione pubblica in una determinata direzione, il direttore di un social network no, o almeno, non in modo provato. Quello che invece succede è che una serie di persone (partiti, politici, lobby, terroristi) decidono di influenzare l’opinione pubblica usando gli strumenti messi a disposizione da un social network. È una distinzione necessaria perché, chiedendo ai social network conto dell’uso fatto da persone che li usano, rischiamo di investirli di compiti sociali, legali, giudiziari, di polizia, cioè esattamente l’ultima cosa che dovremmo desiderare. Nel farlo, poi ci concentriamo sul problema sbagliato: se si sospetta che “i russi” (altra metonimia, ma perdonabile) vogliano influenzare le elezioni in Europa e negli USA usando i social media, il problema da affrontare non sono i social media, ma i russi. È un po’ come curare la febbre invece dell’infezione: il paziente muore, nel nostro caso muore la democrazia. Dovremmo almeno farci delle domande sul perché, quando, da quando, con quali risultati. Invece subiamo la metonimia e dimentichiamo che se la rete viene usata per organizzare attentati il problema da risolvere è il terrorismo, non la rete. 

Perché è così importante? Perché le piattaforme digitali si stanno attrezzando per gestire le critiche ricevute negli ultimi anni, in due direzioni diverse. Una mi piace molto, una per niente.

Il ban

In Canada Facebook ha bannato diverse organizzazioni e persone di estrema destra per violazione delle policy, in particolare quelle relative all’odio organizzato. Lo racconta il New York Times, mentre i ban italiani vengono raccontati dagli esponenti di Casa Pound stessi.

 

 

L’identificazione di chi fa campagne elettorali

Se fai campagne pubblicitarie su Facebook molto probabilmente ti è comparso un alert che chiede di identificarti nel caso tu voglia fare campagne elettorali. L’alert porta a una sezione chiamata Nuovi requisiti per le inserzioni relative a contenuti di natura politica o temi di interesse pubblico nell’Unione europea”. Vale la pena di riportare qui la motivazione per questi requisiti:

Stiamo introducendo diversi aggiornamenti per offrire un ulteriore livello di trasparenza per le inserzioni relative a contenuti di natura politica o temi di interesse pubblico nell’Unione europea.

Oltre alle modifiche a prodotti e normative, stiamo investendo fortemente sulle persone e su una migliore tecnologia per identificare in modo tempestivo gli usi impropri e prevenire le interferenze straniere.

Gli inserzionisti devono confermare la propria identità:

Gli inserzionisti che vogliono creare o modificare inserzioni che fanno riferimento a figure politiche, partiti, elezioni nell’UE (comprese campagne per incoraggiare le persone a votare) o temi di interesse comunitario (immigrazione, valori politici, diritti civili e sociali, sicurezza e politica estera, economia, politica ambientale) nell’Unione europea devono completare il processo di autorizzazione e usare l’etichetta “Finanziato da”. Questo requisito riguarda chiunque esegua azioni su inserzioni relative a contenuti di natura politica, come pubblicare o mettere in pausa le inserzioni, modificare la targetizzazione, creare o modificare i disclaimer o qualunque altra funzione relativa alla gestione delle inserzioni.

Nel primo caso Facebook agisce da tribunale, perché bannare i singoli contenuti è una normale pratica di community management, bannare persone o partiti invece è una pratica a cui un community manager esperto ricorre con moltissima moderazione, soprattutto se i soggetti a cui diamo o non diamo il permesso di parlare sono protagonisti della scena politica. Molti pensano che Twitter dovrebbe bannare Trump o Salvini, che di nuovo, è come curare gli starnuti invece dell’allergia. Trump o Salvini non funzionano perché sanno usare bene Twitter, funzionano perché sanno quali leve usare per colpire le persone su Twitter (vale per qualsiasi piattaforma). È una reazione che si porta dietro l’errore della metonimia scambiata per descrizione: sono le persone che usano i social media, chi li gestisce ha gli stessi poteri che abbiamo noi e non dovrebbe averne di più. È molto più comodo cancellare uno di Casa Pound che cancellare ogni singolo contenuto che viola le policy, ma è una comodità pericolosissima.

Nel secondo caso – identificare chi fa campagne elettorali – Facebook invece fa una cosa già prevista dalle norme elettorali americane e a cui siamo abituati anche in Europa: sapere chi fa e chi paga campagne elettorali, cioè post e inserzioni a pagamento, quelli su cui si è fatto tanto rumore parlando, spesso a proposito, di microtargetizzazione, profilazione psicografica e di manipolazione dell’opinione pubblica. Non una soluzione definitiva, ma una complicazione non da poco e senza togliere la libertà di espressione a nessuno. 

Se Facebook continuerà sulla strada del ban, l’influenza dei social media sulle elezioni sarà letterale, non retorica. Un pericolo per me molto peggiore della libertà di postare qualunque contenuto, a patto che non si possa pubblicizzarlo senza essere identificati; in questo caso l’eventuale reach organica sarà un sintomo dell’interesse per queste idee, da affrontare senza farsi fuorviare dallo strumento su cui viaggiamo.