La «modifica» di Facebook ha scatenato il panico fra chi si occupa di curare pagine sui social.
Andiamo con ordine e vediamo di cosa si tratta.
L’annuncio era stato fatto il 28 giugno 2017. Per impedire alle persone di condividere link di terzi cambiando radicalmente titolo e sommario, questa funzionalità sarebbe stata disabilitata.
Per capirci, probabilmente lo sai, potevano succedere cose come questa.
Il pezzo de La Stampa, ovviamente, non si intitolava così e non aveva quel sommario. Qualche buontempone, approfittando della possibilità, lo ha fatto uscire in questo modo.
Da ieri non si può più.
Questo, però, causa tutta una serie di problemi se devi gestire i siti di clienti con contenuti anche terzi, perché si sa: le persone non pensano a gestire bene i loro siti nei minimi dettagli, visto che raramente sono state definite delle procedure a monte, e così potresti trovarti in pagina su Facebook titoli scritto per la SEO, sommari sbagliati, refusi e via dicendo.
Ci sono soluzioni? Tanto per cominciare, come ci conferma nel gruppo di conversazione di Facebook Enrico Marchetto di Noiza, ti sconsigliamo vivamente di affidarti a terze parti che consentano di aggirare la questione. Facebook non vuole più che tu possa editare i link altrui.
Potresti agire sul tuo sito, definendo procedure e strumenti.
Il plugin YOAST per WordPress, per esempio, definisce correttamente come devono essere scritti il titolo e il sommario per Facebook in questa sezione.
Questo a Facebook dovrebbe continuare a piacere, per un motivo molto semplice: se hai accesso a quella parte lì del sito, il backend, vuol dire che stai lavorando sui tuoi contenuti (o quelli del cliente).
Non è detto che Yoast funzioni con tutti i template e non è detto, come al solito, che funzionerà per sempre. Se non hai WordPress dovrai verificare se esistono degli analoghi per i tuoi CMS. Se ti hanno fatto il CMS proprietario (ahimé) dovrai chiedere agli sviluppatori di darti le medesime possibilità di azione di Yoast (sincerandoti che lo sappiano fare e che scelgano una soluzione gradita a Facebook, onde non buttare i soldi dello sviluppo).
Per il momento ne resiste una, di soluzione, che ti abbiamo proposto su Wolf tipo «palla di cristallo», qualche tempo fa.
Te la ripropongo qui. Ma prima una considerazione importante.
Siamo nell’era del lifelong learning, dell’apprendimento permanente. Questo vuol dire che la prima cosa che va definita – quanto insistiamo, da queste parti, su questo tema? – è un metodo. Che preveda anche le procedure d’urgenza.
L’altra cosa che va fatta è rassegnarsi al fatto che le nostre ore di lavoro sul digitale dipendono tanto da piattaforme terze, che cambiano le carte in tavola quando vogliono. Ecco perché è importante portarsi lettori e clienti a casa propria (e anche lì, dipende tutto dalla tecnologia. Per esempio: il numero di ieri di Wolf è scomparso a causa di un disguido tecnico e dovremo ripristinarlo ma senza backup, che non ha funzionato), rinunciare al controllo su tutto (Pareto, mai troppo invocato). Ecco perché è importante costruire un ecosistema di apprendimento permanente e di supporto collettivo. In fondo è quel che vorrebbe essere Wolf.